STORIA DELLA BANCA D’ITALIA
Nicola Luciano Cipriani
Negli anni ’80-’90 dell’800 le banche che avevano facoltà di stampare moneta per conto del Regno d’Italia erano ben sei: la Banca Romana, la Banca Nazionale di Torino, il Banco di Napoli, il Banco di Sicilia, la Banca Nazionale Toscana e la Banca Toscana di Credito. Ognuna di queste aveva quote specifiche di emissione che non potevano assolutamente essere derogate. Del concetto di avere facoltà di stampare denaro per conto dello Stato ne riparleremo presto.
Iniziamo da due domande: sapete che la Banca d’Italia è di proprietà privata? Sapevate che è sempre stata privata? Vediamo un po’ della sua storia.
La Banca d’Italia nacque dalle spoglie della Banca Romana nel 1893. Dopo lo scandalo della Banca Romana (aveva emesso più denaro rispetto alla quota concessa utilizzando in doppio gli stessi numeri di serie) che vide un coinvolgimento anche di Francesco Crispi e di altri parlamentari tra cui, sembrerebbe, anche di Giolitti. Quest’ultimo, che era Presidente del Consiglio (15 maggio 1892 – 15 dicembre 1893) ed allora era nel gruppo di Crispi, riordinò il sistema bancario italiano con la legge 449 del 10 agosto 1893 dando vita appunto alla Banca d’Italia che volle nella forma di Società Anonima, quindi privata, per impedire che fosse lo Stato a nominare i suoi vertici. Questa nacque dalla fusione della Banca Nazionale del Regno, della Banca Nazionale Toscana e dalla Banca Toscana di Credito. Da questa riforma risultò che le banche con facoltà di stampare il denaro per conto dello Stato Italiano erano ridotte a tre: Banca d’Italia, Banco di Napoli e Banco di Sicilia, con la Banca d’Italia in posizione di leader.
Il Regio Decreto 204 del 28-4-1910 stabilì che la Banca d’Italia (BI) avrebbe fatto anticipazioni al Ministero del Tesoro sui titoli del debito pubblico al tasso dell’1,5%.
Nel 1926 il Governo Mussolini accordò alla BI il privilegio di essere l’unica ad emettere denaro per conto dello Stato Italiano.
Nel 1936 cambia tutto. Con la riforma bancaria di Mussolini, la Banca d’Italia non è più una spa e diventa un Istituto di Diritto Pubblico e le viene assegnato il compito di vigilare sulle banche italiane e ottiene la conferma del potere di emissione della moneta. Questa definizione non vuol dire affatto che la BI sia passata di proprietà dello Stato, tutt’altro, rimase in mani private. Però Mussolini mise la BI sotto il diretto controllo del Ministero de Tesoro, ma non del Ministro, bensì di un Ispettore. Sembrerebbe che le mire di Mussolini fossero di mettere sotto il diretto controllo del suo Governo l’emissione del denaro. Questo quindi va visto come un primo passo soft contro il potere finanziario, che anche allora non differiva molto da quello attuale. Evidentemente sapeva che non avrebbe potuto mettersi contro questo potere e cercò di attuare un trasferimento graduale. Ben sapeva d’altronde che Hitler aveva da tempo arrogato al governo del terzo Reich l’emissione del denaro.
Al 31 dicembre 1936, gli enti e istituti possessori delle 300 mila quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia erano suddivisi nelle seguenti categorie:
– Casse di risparmio, n.88 per quote 185.056
– Istituti di credito e banche di diritto pubblico, n.11 per quote 68.444
– Istituti di previdenza, n.1 per quote 15.000
– Istituti di assicurazione n. 9 per quote 31.500″
La BI è rimasta sotto il controllo del Ministero del Tesoro fino al 1983, ma già dal 1981, il cosiddetto ‘divorzio’ dal Tesoro, operato da Beniamino Andreatta, sospese l’obbligo per la BI di acquistare i BOT non sottoscritti in asta dai privati. De Mattia (Storia del capitale della Banca d’Italia e degli istituti predecessori, 1977, ed. BI) racconta i pochi passaggi di proprietà delle quote dal 1937 in poi. In pratica il capitale della Banca è rimasto sempre nelle stesse mani, fino al 1992, quando arriva la legge Amato-Ciampi che dà il via alle fusioni e acquisizioni bancarie e, con esse, all’aggregazione delle quote del capitale della Banca d’Italia, possedute (al 2010) per oltre il 42% dal gruppo Intesa-San Paolo direttamente e indirettamente attraverso le banche controllate, come la Cassa di Risparmio di Bologna.
Secondo Marco Della Luna (Euroschiavi, che vi consiglio caldamente di leggere, arrivato alla 4a edizione), i proprietari attuali della BI sono elencati in una lunga lista di 25 proprietari principali, più tanti soci minori che hanno circa il 10% (2005). I soci principali, dopo le recenti fusioni bancarie, a fine maggio 2007, sono diventati 8:
intesa-San Paolo (Crèdit Agricole) 30,33%
UniCredit-Capitalia 22,10
Generali assicurazioni 6,30
Carisbo 6,20
Inps 5
Banca Carige 4,80
Bnl (Paris Bas) 2,80
Mps 2,50
Il totale fa 75,08%, ma questi sono i principali. Come potete vedere la proprietà di BI è di altre banche ed assicurazioni. Bisognerebbe verificare chi sono i maggiori azionisti di questi soci per risalire ai reali proprietari.
Innanzitutto bisogna notare che oltre 1/3 di BI è di proprietà francese.
La BI ha in statuto, da sempre, che i proprietari della banca devono essere Enti e Istituti a maggiore azionariato pubblico, in pratica il proprietario di maggioranza sarebbe dovuto essere lo Stato Italiano. Fatta eccezione per il periodo mussoliniano durante il quale era attivo un reale controllo della BI, questa clausola è sempre stata disattesa, mai nessun Ente e Istituto proprietario ha avuto la maggioranza pubblica, ad eccezione dell’INPS (5%). Su proposta di Mario Draghi, nel 2006, Romano Prodi ha modificato lo statuto eliminando questa clausola che ha così reso legale la illegalità della proprietà di BI.
Torniamo al concetto iniziale della facoltà di stampare denaro. Le sei banche, che a fine ottocento vendevano i soldi allo Stato Italiano, erano tutte private e, ognuna per la propria quota. A sua volta lo Stato pagava queste lire con titoli di stato all’1,5% di interessi. Vi invito a ragionare su questo punto: Le Banche stampavano il denaro (carta + inchiostro) che vendevano allo Stato come valuta, vale a dire un biglietto da 1.000 lire veniva pagato dallo Stato ben 1.000 lire ed in più era gravato dall’interesse. Al contrario alle banche quel biglietto da 1.000 lire sarà costato si e no 1 centesimo. Avete capito bene le banche hanno un guadagno pressoché del 100% sul denaro venduto allo Stato. Inoltre attraverso il sistema della partita doppia (inventata da Luca Pacioli alla fine del 1400 per aiutare i banchieri di allora), le banche omettono di pagare le tasse su questo agio perché fanno risultare nei propri conti di avere 1.000 lire sia in uscita che in entrata.
Quando poi nacque la Banca d’Italia ed ebbe il monopolio della vendita del denaro allo Stato Italiano, il gioco continuò senza mai smettere. Naturalmente lo Stato non è mai stato in grado di restituire i soldi alla BI, anzi è stato esattamente il contrario: ne ha avuto sempre più bisogno. Come potete capire in questo modo il debito dello Stato è andato in continua crescita. Mussolini, con la riforma bancaria del 1936 cercò di arginare il debito crescente
mettendo la BI sotto il controllo del Ministero del Tesoro ma il controllo vero e proprio della BI fu affidato ad un ispettore che riferiva direttamente a lui, a Mussolini. Negli anni precedenti il conflitto mondiale, Mussolini era riuscito a ridurre il debito dello Stato Italiano, ma poi arrivò la guerra. Dopo il conflitto mondiale, la BI rimase sotto il controllo (blando) del Ministero del Tesoro, ed il debito pubblico ricominciò ad aumentare. Negli anni ’70 ed in particolare negli anni ’80 dello scorso secolo, il debito pubblico ha avuto una tale impennata che siamo entrati in una strada senza ritorno. Anche su questo punto ci sarebbero da dire tante cose, ma sorvolo per non uscire dal tema. Leggendo la storia con un occhio un po’ più critico sembrerebbe individuarsi un filo “logico” nella evoluzione del debito. Ma questo ve lo racconterò nella prossima puntata.
Passando dalla lira all’euro, la situazione non è cambiata affatto, anzi, è andata ben oltre. Come sapete i proprietari della BCE (Banca Centrale Europea) sono le così dette Banche Centrali della zona euro, ma tutte queste banche sono private. Ergo la BCE è una banca privata la quale vende denaro agli Stati membri nello stesso modo spiegato poco sopra: lo vende a valore monetario, non fa un servizio alla UE come molti di noi si sarebbero aspettati.
La cosa che fa insospettire moltissimo sono le norme con le quali è stata fondata la BCE. Come certamente saprete, questa banca è stata istituita con il Trattato di Maastricht (1992), ma quello che è ignoto ai più, è che questo Trattato ha conferito alla BCE l’immunità assoluta, sia amministrativa che giudiziaria. Avete capito benissimo, nessuno può indagare sull’operato della BCE. Non è questa l’unica entità europea a godere della completa immunità, ma ne parleremo in altra occasione.
Quello che mi preme rendere chiaro con questa nota è che il danaro costa poco o niente a chi lo stampa e lo vende agli Stati a valore monetario. Questo giochetto, decisamente aberrante, è attuato da tutte le banche del mondo, sembra proprio che l’accordo tra queste …. sia globale, come se dietro alle banche ci fosse sempre lo stesso cervello. Meditate, ne riparleremo, spero, presto.
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