siracusana
IL 300 LIRE SIRACUSANA CON IL COLORE VERDE FLUORESCENTE
Nicola Luciano Cipriani e Antimo (Nino) D’Aponte
Descrizione delle tirature
Il 4 gennaio 1988 (G.U. n° 288 del 6 ottobre 1987) la serie ordinaria “Italia Turrita” detta Siracusana venne dichiarata “fuori corso” e sostituita già dal 1980 dalla serie Castelli coesistendo per ben otto anni circa.
In particolare il valore da lire 300 fu emesso in data 18 luglio 1972 con filigrana Tappeto di Stelle 4 in posizione verticale e stampato con macchina Goebel 300 in 3 gruppi da 100, vale a dire che il cilindro portava tre fogli da 100 incisi. La stampa è stata realizzata su carta fluorescente con gomma arabica, dentellato 14×14¼ con perforatore a Pettine semplice orizzontale sinistro e bordo ornato a nastro lungo i lati verticali. Per questa emissione è nota una sola tiratura (figura 1).
Successivamente, nel 1974 lo stesso francobollo fu ristampato con le medesime caratteristiche della prima emissione, ma usando un tipo di gomma diversa, quella vinilica, il colore, verde smeraldo, in questa tiratura è leggermente più chiaro rispetto a quella precedente. È la prima tiratura con colla vinilica (figura 2).
Nel 1976 è posta in vendita una nuova tiratura riconoscibile dall’assenza del disegno a nastro sui bordi e le scritte sui bordi a caratteri più piccoli. Nella figura 3 la scritta fluorescente è visibilmente differente rispetto alle tirature precedenti. È la II tiratura con colla vinilica (Biraghi D., 2009-2016).
Da aggiungere all’esauriente lavoro di Daniele Biraghi alcune note sulla possibilità di distinguere i tre gruppi di 100 nelle due tirature con gomma arabica e vinilica I tiratura.
Nel I gruppo di entrambe le tirature si osserva la scritta fluorescente inclinata, sale infatti leggermente verso destra, e un piccolo puntino aderente il tratto inclinato della N nella tiratura vinilica (figura 4).
Nel II gruppo la scritta fluorescente in entrambe le tirature è quasi orizzontale e sale in modo impercettibile verso destra (figura 5).
Infine nel III gruppo in entrambe le tirature la scritta fluorescente è quasi orizzontale, ma in questo caso scende in modo impercettibile verso destra (figura 6). Nella tabella che segue sono riassunti i dati diagnostici.
(*) Secondo un recente articolo di Biraghi le tirature con colla arabica sarebbero due e si distinguono per alcune varietà di riporto causate probabilmente dalla rigenerazione del cilindro
In quanto alla II tiratura con colla vinilica, questa si distingue molto bene dalle due descritte in dettaglio per le scritte sui bordi molto più piccole, compresa la parola fluorescente, la differenza è decisamente evidente, le sue misure sono mm 34 x 2,5 contro 52,5 x 3,7. Inoltre la posizione dei puntini di colore che contrassegnano i tre gruppi di cento sono posti sotto il 100° esemplare e non sopra il 10°.
Del 300 lire Siracusana è noto un falso stampato a Roma nel 1977 e, nello stesso anno (21/11/1977) a causa di questa falsificazione, venne messo fuori corso.
Altra nota recente: la scoperta di un nuovo passo della dentellatura (14 x 14,10) (Cipriani e D’Aponte, 2024). Le misure sono state effettuate su francobolli in affrancature SNAG a partire dal 1972 sia su valori stampati su carta con gomma arabica, sia con gomma vinilica. Potrebbe esser probabile che il nuovo perforatore fosse stato prima usato saltuariamente e più tardi in modo continuativo.
Al di là delle note distintive tra le varie tirature, che per altro sono decisamente da collezionisti delle specializzazioni, questo articolo è stato stimolato da una novità ed è stato necessario analizzare in dettaglio le tirature per poter capire a quale/li di queste attribuire la caratteristica dell’inchiostro reattivo alle radiazioni UV.
La novità
La scoperta è avvenuta per caso, mentre Nino si accingeva a sistemare e a verificare un piccolo lotto di questi valori, sia nella dentellatura che nella fluorescenza. Quest’ultima si mostra, come è noto, in varia tonalità: dal color avorio, al giallo limone e al bianco/azzurrina, tutte più o meno intense. E mentre alcuni esemplari, sotto l’effetto della Wood, facevano bella mostra della propria reattività, tra i tanti è emerso un francobollo che aveva qualcosa di anomalo. Presentava una risposta del verde agli UV molto scura e leggermente sfocata; la cosa ha incuriosito Nino ed ha analizzato l’esemplare per capire meglio le sue caratteristiche. Anche al verso, e sempre sotto gli UV, si palesava l’immagine speculare della vignetta (figura 7). Ovviamente in luce bianca il francobollo non è distinguibile dagli altri.
L’immagine che segue (figura 8) riproduce un confronto tra il francobollo (a destra) reattivo ai raggi ultravioletti ed uno normale (a sinistra) che non mostra alcuna risposta; per entrambi gli esemplari sono presenti sia il fronte che il retro osservati sia in luce bianca che UV.
In luce bianca (parte alta della figura), si può vedere come i due esemplari appaino con le stesse caratteristiche, ma osservando bene, già in queste condizioni, il retro del francobollo di destra mostra una leggera immagine del fronte; probabilmente questa evidenza è da attribuirsi ad un diverso tipo di carta, forse leggermente più sottile dell’altro esemplare.
In luce viola, invece, (parte bassa della figura) si evidenziano le differenze delle risposte dei due francobolli. Mentre l’esemplare normale (a sinistra), a parte la fluorescenza gialla, non mostra alcuna differenza rispetto alla luce bianca, l’esemplare di destra, sia per l’immagine del fronte che del retro, si differenzia notevolmente per la reazione alla radiazione UV. Sul fronte si osserva un tono di verde molto più scuro, quasi nero-verde, e gli stessi tratti di colore appaiono leggermente sbavati. Sul retro, l’immagine della stampa appare accentuata e ben visibile nelle sue varie parti.
L’immagine di colore scuro che appare sul retro a seguito del trattamento in luce viola è del tutto simile a quello che è stato osservato in altri francobolli da parte di vari autori (Cipriani, D’Aponte, Borgogno, Spampinato, vedi bibliografia).
La prima scoperta fu per il 1000 lire Castelli (Cipriani, 2014). Per questo francobollo fu evidente una forte risposta del colore nero del maniero che sul retro mostrava il suo fantasma di colore scuro. Date le similitudini cromatiche, si pensò che l’immagine sul retro fosse dovuta alla fluorescenza del colore nero. Nel tempo però questo fenomeno è stato notato anche per altri colori: il marrone del 900 lire (Cipriani, 2015), il marrone, verde e azzurro nel 750 (Cipriani e Borgogno, 2016), il grigio della cornice del Castello da 350 lire (Cipriani, 2016, su segnalazione di G. Spampinato), il grigio bluastro ed altri colori negli Alti Valori lire (Cipriani, 2017), il blu ed il rosso nel segnatasse da 500 lire (Cipriani, 2017, su segnalazione di G. Spampinato), Il marrone nell’800 lire Donne Nell’Arte (Cipriani e D’Aponte, 2016), il colore metallizzato dorato a base di ottone utilizzato in alcuni francobolli degli anni ’70 dello scorso secolo (D’Aponte, 2020, aggiornato su segnalazione di G. Spampinato).
Sin dal ritrovamento dei primi colori diversi dal nero si pensò che questo strano fantasma sul retro dei francobolli (figura 9) non poteva essere legato al pigmento, anche se in molti colori è spesso presente una certa percentuale di nero. L’effetto doveva necessariamente interessare altri componenti dell’inchiostro. È da questa considerazione che abbiamo indirizzato le nostre osservazioni sugli inchiostri e tentare di giocare al piccolo chimico. La storia degli inchiostri è semplicemente fantastica e ci mostra uno spaccato della genialità umana veramente sorprendente. Abbiamo sempre sottovalutato i nostri predecessori, specialmente quelli più antichi; abbiamo sempre pensato di essere in qualche modo “superiori”. Ma è solo un pensiero molto arrogante. L’unica differenza è soltanto il livello di conoscenza tecnologica; si dovrebbe essere coscienti che gli antichi erano di certo superiori a noi per il livello di inventiva che gli consentiva di “costruire” con nulla e dal nulla tutto ciò che era loro occorrente. Questo è uno dei motivi per cui abbiamo il piacere di riportare un po’ di storia essenziale sulla fabbricazione degli inchiostri. Ci scusiamo naturalmente con chi ne è già a conoscenza e confidiamo di fornire notizie utili agli interessati.
Lo stato dell’arte e gli inchiostri nella storia
La scoperta dei colori fluorescenti visibili sul retro dei francobolli, che presentano un colore blu-violaceo molto scuro, ha prodotto un cospicuo impulso alla osservazione dei colori con cui sono stampati i francobolli per scoprire nuovi valori con questa caratteristica e per capire quale componente degli inchiostri potesse generare la fluorescenza descritta.
Per meglio affrontare questa ricerca, si è reso necessario conoscere la composizione degli inchiostri e la loro evoluzione nel tempo. Mediamente un inchiostro moderno ha una composizione molto complessa nella quale ogni componente ha proprie e specifiche funzioni, inoltre la composizione, la densità ed altre caratteristiche variano a seconda della tipologia e del metodo di stampa. A mo’ di esempio si riporta una composizione generica espressa con intervalli percentuali.
- pigmento dal 13 al 20%, nel caso di pigmento bianco coprente (biossido di titanio) si arriva al 50%;
- resine alchidiche (vegetali da lino, soia, ecc) 10-15%;
- resine dure (da colofonia) 25-30%; oli minerali o vegetali 30-35%;
- cere 5%; essiccanti 1-2% e antiessiccanti 1-2%.
I pigmenti moderni, che conferiscono il colore all’inchiostro, sono stati per lo più inorganici fino a qualche decennio fa; negli ultimi anni sono stati modificati molti componenti ed attualmente sono tutti prodotti di sintesi. Generalmente i pigmenti naturali non sono fluorescenti oggi, invece, con i prodotti di sintesi si riesce a fare di tutto, ma questo è tutto un altro mondo.
Tornando al nostro fantasma fluorescente e per svelarne il mistero bisogna cercare di capire quale componente organico possa causare la fluorescenza di alcuni inchiostri usati nella seconda metà dello scorso secolo. Certamente la fluorescenza è argomento tecnico-scientifico moderno, ma ci ha incuriosito molto conoscere in modo un po’ più approfondito l’evoluzione subita dagli inchiostri nel corso del tempo e sono venute fuori notizie molto interessanti che abbiamo il piacere di raccontare.
Ci siamo rivolti ad alcune tipografie, attraverso conoscenze personali, ma le risposte non sono state affatto utili. Lo studio sugli inchiostri da stampa, spazia in campo molto vasto e non è stato facile orientarsi. Inoltre la composizione di molti inchiostri è piuttosto complessa e può essere caratterizzata da molti componenti di origine sia organica che inorganica. Le caratteristiche dei componenti inorganici (essenzialmente pigmenti minerali) degli inchiostri sono noti a Cipriani per il suo trascorso da mineralista presso l’università di Firenze; i componenti organici invece sono tutto un altro mondo. Non siamo riusciti a trovare informazioni sulla loro fluorescenza, nemmeno chiedendo ad esperti del settore. Abbiamo allora pensato di fare un tentativo di analisi sul componente più frequentemente usato negli inchiostri sia recenti che del passato: l’olio di lino.
Abbiamo fatto un tentativo di prova con olio di lino, sia cotto che crudo. Abbiamo bagnato alcuni francobolli con entrambi i tipi di olio ed abbiamo fatto osservazioni alla lampada di Wood ripetute nel tempo ad intervalli lunghi. Sono passati ormai oltre tre anni, ma le osservazioni non hanno mai mostrato effetti cromatici dovuti alla ossidazione dell’olio. Abbiamo testato anche la colofonia solida agli UV. Questi tentativi sono stati solo una delle tante strade percorribili data la variabilità composizionale degli inchiostri; ma la logica ci ha fatto scegliere i componenti più frequentemente utilizzati nel tempo. L’ossidazione avrebbe dovuto manifestarsi in tempi relativamente brevi perché i francobolli che mostrano sul retro il colore nero-bluastro erano quasi “freschi di stampa” al momento della scoperta, avvenuta negli anni ‘90 e non scovati in un vecchio cassettone in soffitta. Non è facile individuare il componente reattivo agli UV, potrebbe essere un componente sempre usato ma di produzione moderna, oppure uno moderno mai usati prima; potrebbe anche essere un particolare additivo di uno specifico produttore o un additivo specifico in un periodo limitato di una produzione aziendale.
È interessante notare che l’olio di lino è stato adottato nella fabbricazione degli inchiostri sin dai tempi della nascita dei processi di stampa messi a punto da Gutenberg.
Si legge in Storia degli antichi inchiostri per scrittura e per stampa (https://reinol.it/it/):
….. i primi tentativi di utilizzo di inchiostri acquosi fatti con ricette storiche furono vani a causa della mancata aderenza dei liquidi alle forme metalliche delle lettere preparate dal famoso stampatore. Egli capì la necessità di utilizzare un liquido più viscoso dell’acqua e fece ricorso agli oli. L’idea fu quella giusta anche se la soluzione idonea fu trovata con il tempo e con tentativi. Si pensa che inizialmente gli oli fossero addizionati all’inchiostro ferrogallico a base acquosa, pur non esistendo prove in merito.
L’inchiostro ferrogallico per ossidazione produce una colorazione marroncina (figura 10) rivelatrice della presenza di ferro, colore ben presente in molte prefilateliche (n.d.a.).
Di certo la giusta “ricetta” per l’inchiostro fu il risultato di aggiustamenti successivi. Ed ancora:
Le notizie storiche intorno ai primi inchiostri tipografici sono particolarmente scarse, occorre però sottolineare il fatto che l’inchiostro della celebre Bibbia delle 42 righe (1450-52) (figura 11) è già sostanzialmente perfetto, certamente frutto di una lunga ricerca che collega Gutenberg ai pittori olandesi-fiamminghi, che inventarono la pittura con colori ad olio (di lino) nel XV secolo. Sta di fatto che le prime opere stampate impiegano già inchiostri neri e densi, privi di nuances marroni, come capita ancora per molte opere dei secoli successivi….
….Un documento della fine del Quattrocento, nel Diario della Stamperia di Ripoli, elenca i materiali acquistati da una tipografia gestita dalle monache del convento fiorentino di Ripoli (ripreso da Vincenzo Fineschi nel 1781, figura 12, n.d.a.). Sappiamo così che il convento acquistava olio di lino e trementina, ragia, vernice linoleica solida o liquida a seconda della stagione, dal momento che la temperatura influisce enormemente sulla viscosità dell’inchiostro tipografico, che dev’essere più viscoso se la temperatura cresce….
….Una generica antica ricetta per inchiostri tipografici indica una composizione contenente tre parti di nerofumo da macinare con circa 15 parti in peso di vernice di olio di lino o di noce cotti. Tutte le mattine i torcolieri erano obbligati a prepararsi la quantità di inchiostro nero necessaria per la giornata, perché tale inchiostro essicca in poco tempo, essendo gli oli impiegati (lino e noce) appunto siccativi….
….Recentissime analisi (2003-2004), basate sulle più moderne tecniche, sono state eseguite su fogli originali della Bibbia stampata da Gutenberg nel 1452, la famosa Bibbia delle 42 righe, primo libro completo stampato con tecniche tipografiche. Il risultato di queste ricerche, … per le quali si sono impiegate le tecniche di spettroscopia IR nella banda micro Raman, … consente di affermare che l’inchiostro impiegato da Gutenberg nella Bibbia delle 42 righe contiene proprio olio di lino, olio di noce e nerofumo. L’olio di noce, rispetto a quello di lino, ingiallisce prima, ma, se viene riscaldato, essicca più lentamente, fattore determinante per la produttività tipografica.
Tornando alla produzione degli inchiostri moderni, l’uso dell’olio di lino è durato fino ad alcuni decenni fa, gradatamente questo, ed altri componenti organici, sono stati sostituiti da resine ed oli di sintesi in quanto gli organici, anche se non sempre, spesso subiscono processi di alterazione (ossidazione) i cui effetti diventavano visibili sulle parti stampate. Gli oli e le resine di sintesi invece hanno caratteristiche fisiche e chimiche molto più stabili ed i prodotti a stampa risultano più durevoli nel tempo, ma anche loro hanno problematiche di altri tipi. Le ricerche storiche hanno permesso di capire alcuni aspetti della produzione degli inchiostri e studi relativamente recenti hanno consentito di conoscere le caratteristiche fisiche e chimiche degli oli, ma non siamo riusciti a sapere nulla in merito alla loro fluorescenza.
Ora possiamo riprendere il nostro francobollo da 300 lire. Abbiamo rovistato tra il nostro materiale e qualcosa è venuto fuori (figura 13) inoltre scambiando con Daniele Biraghi alcune informazioni abbiamo ricevuto la coppia di figura 14. I tre francobolli sono tutti con gomma arabica della prima tiratura e presentano la caratteristica reazione agli UV. Le due immagini parlano da sole dopo aver trattato questo argomento più volte.
Abbiamo verificato il nostro materiale ed è stato possibile riscontrare che il colore verde è reattivo agli UV solo in una parte della prima tiratura con gomma arabica ed è subito arrivata la domanda: ma in quale periodo è stata immessa questa variante? Siamo allora ripartiti con le verifiche, ma questa volta, analizzando le buste viaggiate. Il campione non è stato particolarmente grande, ma sufficiente a capire che le date più vecchie trovate risalgono a novembre 1972 (figura 15) ed hanno avuto continuazione nel 1973. Informazioni più dettagliate in merito al periodo d’uso potranno scaturire con l’analisi di ulteriori campioni di storia postale.
Sono stati trovati anche alcuni esemplari, sempre su SNAG, con date del 1975, possono essere considerati la solita coda durante lo smaltimento delle vecchie distribuzioni. L’emissione è del 18 luglio 1972, quindi la produzione con inchiostro reattivo è del primo periodo, Probabilmente vennero stampati quasi in contemporanea con l’emissione tipo. Non abbiamo riscontro di reattività in esemplari con colla vinilica che sono stati distribuiti sin dal gennaio 1974. Non ci sono ancora note le caratteristiche di quella che si potrebbe chiamare tiratura B della colla arabica recentemente individuata da Daniele Biraghi; sarà interessante verificare quale delle due tirature, o se di entrambe, sia/no interessata/e dal colore reattivo alla radiazione UV.
Bibliografia
Biraghi D., 2009-2016 Collezione “La Siracusana”
Biraghi D. e Biraghi B., Le tirature del 300 lire Siracusana fluorescente.
Cipriani N. L., 2014. Uno strano 1000 lire Castelli. http://www.peritofilatelicocipriani.it
Cipriani N. L., 2015. Anche il 900 lire Castelli ha colori fluorescenti. http://www.peritofilatelicoci-priani.it
Cipriani N. L., 2016. 750 lire Castelli: ancora colori fluorescenti. http://www.peritofilatelicoci-priani.it
Cipriani N. L., 2016. Ancora nuove scoperte sui Castelli: anche il 350 lire ha l’inchiostro fluorescente. Su segnalazione di G. Spampinato. Il francobollo Incatenato n. 266.
Cipriani N. L., 2017. Gli Alti Valori Lire con colori fluorescenti. http://www.peritofilatelicocipriani.it
Cipriani N. L., 2017. Un inedito 500 lire segnatasse. http://www.peritofilatelicocipriani.it
Cipriani N. L., D’Aponte A., 2016. Donne Nell’Arte: marrone fluorescente? Il francobollo Incatenato, n. 266.
D’Aponte N., 2018 – Il colore metallizzato usato in alcune emissioni degli anni ’70 del 1900. Il postalista https://www.ilpostalista.it/filatelia/295.htm. Con aggiornamento di comunicazione da parte di G. Spampinato. Pubblicato anche su: L’occhio di Arechi, Il Corriere Postale, e La Ruota Alata.
Fineschi V., 1781. Notizie Storiche sopra la Stamperia di Ripoli. https://books.google.it/books?id=Nbpsc8t7C9QC&pg=PR1&hl=it&source=gbs_selected_pages&cad=1#v=onepage&q&f=false
Riggi G., 1990. La Fluorescenza nei Francobolli d’Italia. edizioni CRAL SIP sez. Torino.
Riggi G., 1995. La Fluorescenza nei Francobolli d’Italia 1944-1994. Vaccari edizioni
Storia degli antichi inchiostri per scrittura e per stampa. https://reinol.it/it/.
ALTI VALORI CALCOGRAFICI SIRACUSANA: UNA NUOVA DENTELLATURA
Nicola Luciano Cipriani e Nino D’Aponte
Nell’articolo “La Siracusana Calcografica del 1968” (2024) Nino D’Aponte ha comunicato il ritrovamento dei valori 100 e 200 lire Siracusana con la dentellatura 14 x 14,10 (14 x 14), Su questi francobolli ho effettuato una analisi peritale (figura 1) confermando i valori trovati da Nino. Questo ritrovamento ha innescato la curiosità di verificare i valori delle perforazioni degli alti valori stampati in calcografia della serie Siracusana emessa su carta fluorescente. Sono stati analizzati numerosi esemplari degli altri valori, della medesima serie, stampati in calcografia: 150, 300, 350 e 400 lire.
Come è noto, le macchine da stampa che hanno prodotto questi valori sono:
Ricapitolando si ha il seguente schema semplificativo di quale macchina ha stampato i vari valori calcografici della Siracusana (ricostruito in base ai dati della Collezione Biraghi,).
La tabella mostra un quadro molto semplice; solo per il 100 lire sono note differenze eclatanti sulle cimose dei fogli in quanto per ciascuna macchina è stato inciso il proprio cilindro. Per la verità piccole differenze in cimosa sono possibili quando viene riprogettato il foglio per alcune tirature di questi valori, ma questa è un’altra cosa.
L’aver ritrovato una dentellatura con passo, non troppo, ma comunque ben distinto da quello ufficiale riportato nei vari cataloghi, non può essere motivata se non con la sostituzione del perforatore. Una macchina da stampa deve necessariamente avere più perforatori in quanto la capacità di perforazione degli aghi diminuisce con l’usura e conseguentemente dopo un certo numero di ore di lavoro, il perforatore deve essere rigenerato e sostituito con un altro. Dopo tanti cicli di rigenerazione il perforatore deve essere sostituito con uno nuovo. È possibile che negli ultimi anni di produzione degli alti valori della Siracusana sia stato utilizzato un nuovo perforatore dal passo molto simile a quello tradizionale ma sostanzialmente differente. In effetti, proprio per la vicinanza dei valori del passo, da 14 x 14,25 a 14 x 14,10, il nuovo perforatore è passato totalmente inosservato. È proprio il caso di dire che il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. Lo stimolo di conoscenza che è alla base del collezionismo in generale porta sempre alla scoperta di tante informazioni che per motivi vari non vengono comunicati in origine.
Di seguito si riportano alcuni esempi di documenti spediti sui quali sono stati trovati gli alti valori calcografici della Siracusana con la dentellatura 14 x 14,10. Allo scopo di fornire dati riscontrabili velocemente dai nostri lettori, le immagini sono state effettuate con la sovrapposizione dell’odontometro a righe divergenti disponibile presso lo Studio Carraro. Si fa presente che sono stati trovati diversi documenti viaggiati con questi valori, sarà nostra cura valutare il periodo postale del loro uso al fine di fornire ai lettori ed in particolare ai collezionisti di storia postale informazioni il più complete possibile.
Valore da 150 lire
il 150 lire è stato ritrovato su Notificazione Atti Giudiziari (Figura 1) spedita il 17.4.76 dall’U.P. di Napoli-2 Castelcapuano, è presente in coppia verticale accompagnata da una striscia di tre esemplari da 200 lire della stessa seria ordinaria, dentellati anch’essi 14 x 14,10, per un totale di lire 900 ad assolvere la tariffa del periodo.
Il valore da lire 150 con dentellatura 14 x 14,10, quindi 14 x14 in quarti (Figura 3), presenta colore di fluorescenza bianco brillante.
Valore da 300 lire
Questo valore è stato trovato su Servizio Notificazioni Atti Giudiziari spedito da Castelcapuano il 15.06.76 (Figura 4) affrancata con tre esemplari da 300 lire di cui due in coppia verticale per un totale di 900 ad assolvere la tariffa del periodo.
Il valore da lire 300 con dentellatura 14 x 14,10, quindi 14 x 14 in quarti (Figura 4), presenta colore di fluorescenza bianco brillante.
Valore da 350 lire
Il valore da 350 lire è stato trovato ancora su Notificazione Atti Giudiziari (Figura 6) inviato da Castelcapuano il 15.12.79 ed affrancata con coppia orizzontale del 350 lire e tre esemplari del 100 lire di cui due in coppia orizzontale, tutti della Siracusana per un totale di lire 1000 a coprire la tariffa del periodo. Tutti i francobolli hanno dentellatura 14 x 14,10.
Il valore da lire 350 con dentellatura 14 x 14,10, quindi 14 x 14 in quarti (Figura 7), presenta colore di fluorescenza bianco brillante.
Valore da 400 lire
l’ultimo documento, sempre Notificazione Atti Giudiziari (Figura 8), inviato da Castelcapuano l’8.10.76 ed affrancata con una coppia verticale del valore da lire 400 e due valori sempre della serie Siracusana da 30 e 70 lire (dentellati 14 x 141/4) per un totale di lire 900 a coprire la tariffa del periodo.
Il valore da lire 400 con dentellatura 14 x 14,10 (14 x 14) (Figura 8), presenta colore di fluorescenza bianco brillante.
Conclusioni
Quanto presentato in questo articolo conferma che lo studio della filatelia premia sempre la soddisfazione di noi divulgatori e consigliamo ai collezionisti di guardare sempre con attenzione il materiale che può capitare loro tra le mani. L’argomento presentato in questo articolo venne fuori pochi anni fa, si trattava però di un solo esemplare che non fu preso molto in considerazione dalla persona che lo analizzò. Bisogna riconoscere che la differenza di passo dello 0,15, è molto vicino a quello ufficiale, non entusiasma più di tanto; se ci fosse stata una differenza maggiore certamente avrebbe ricevuto un’attenzione maggiore. Probabilmente questo è stato l’atteggiamento al primo ritrovamento che, proprio per la differenza minima non ha fatto scattare le solite domande per cercare una risposta. Anche a noi capitò di parlarne tempo addietro, ma una rondine non fa primavera. Lo stimolo giusto viene con il tempo, è capitato nuovamente e abbiamo dedicato un po’ di tempo alla verifica di un discreto quantitativo di materiale per avere, non solo certezze, ma anche per valutare le quantità e il periodo d’uso. Sarà nostra premura approfondire questo argomento e fornire ulteriori e più dettagliate informazioni agli interessati.
Vorrei aggiungere una breve nota per ribadire il concetto che a volte approfondire un determinato argomento potrebbe dare buoni frutti. si tratta del 100 lire Democartica con la dentellatura 13,80; prima inserita in catalogo e poi esclusa. Ma sarà stata fatta una ricerca per capirne la realtà? Penso che l’eliminazione dal catalogo dimostri che nulla sia stato fatto eppure questa dentellatura esiste ed è reale con esemplari di entrambe le tavole. Forse meriterebbe una maggiore attenzione dedicandovi del tempo e portare dimostrazioni concrete.
Bibliografia
D’Aponte Antimo (Nino) (2024) – La Siracusana Calcografica del 1968 – Indagine su due francobolli al di sopra di ogni sospetto. Corriere Postale, n. 29, 2024.
Biraghi Andrea – Collezione “La Siracusana”