Castelli d’Italia
prima emissione 1980
FLUORESCENZA, COSA SARA’ MAI COSTEI!
Nicola Luciano Cipriani, perito filatelico
Premessa
Questo titolo di manzoniana memoria non deve far pensare che voglia fare una lezione di fisica, assolutamente. Voglio solo evidenziare il fatto che la fluorescenza della carta e dei colori utilizzati per la stampa dei francobolli non hanno mai attratto commercianti ed editori di cataloghi, se non marginalmente. Mi sono sentito dire più volte qualcosa come: “ma, sai non è una cosa che si vede! E poi, non interessa proprio a nessuno!”. Vorrei obiettare che potrebbero essere ben altre le motivazioni per cui la fluorescenza è considerata una Cenerentola della filatelia. Una cosa è certa, se non viene presentata, spiegata ed offerta è chiaro che il collezionista medio ne sarà attratto solo dietro impulso personale e spontaneo. Il non parlarne l’ammanta in qualche modo di cosa misteriosa (proprio perché poco nominata e quindi poco conosciuta) e passibile di imbroglio e comunque del suo dubbio. Il dubbio, che è sempre bene avere, in questo caso agisce da sicuro distruttore del “mito”. C’è da aggiungere che il tacerla fa sì che i “qualcuno mi ha detto” o “per quanto ne so” producano spesso falsi concetti. Concludo il mio pensiero dicendo semplicemente che le giuste informazioni stimolano i collezionisti ad intraprendere ricerche con interesse reale inserendo l’argomento all’interno delle proprie collezioni. Signori commercianti, vi pare cosa da poco?
Inizio con le variazioni non volute e possibili sulla fluorescenza, bisogna dire che ce ne sono anche di empiricamente provate come il passaggio di particelle fluorescenti su francobolli con carta non fluorescente durante il lavaggio. Ma anche questo concetto viene spesso tirato in ballo per spiegare anche l’inspiegabile. E poi mica un francobollo non fluorescente lo diventa per aver fatto un bagno in comune con uno fluorescente! Assumerà un debole segnale superficiale leggermente rilevabile dalla luce viola. Ma è valido anche il contrario: è impossibile che un francobollo fluorescente perda del tutto o quasi la sua caratteristica fino a mostrare una carta senza nemmeno un luminoforo (microscopiche particelle di fosforo).
Vengo al sodo. Questo argomento mi è venuto in mente a seguito della ricerca del 750 lire con inchiostro fluorescente (Il Francobollo Incatenato n. 257, dicembre 2015), durante la quale ho trovato alcuni strani francobolli. Quando penso a questo argomento mi torna sempre alla memoria la pubblicazione di Giovanni Riggi su questo argomento (v. bibliografia, l’unica per il momento applicata allo studio dei francobolli) ed alcuni suoi appunti inediti dei quali mi sono ripromesso da tempo di riorganizzare; prima o poi lo farò!
Tra i circa 12.000 miei pezzi del 750 lire castelli visionati, ne ho trovati alcuni in cui la fluorescenza non investe tutto il francobollo. Lì per lì ho notato la cosa, ma senza soffermarmi a pensarci più di tanto in quanto ricordavo, più o meno vagamente, che Riggi doveva aver descritto qualcosa di simile nel suo lavoro. In realtà il mio ricordo non era così fedele, Riggi si riferiva ad altra cosa, come ho ricontrollato recentemente. Ad ogni modo li avevo comunque accantonati. Ripensandoci, in un secondo momento, mi è venuta la considerazione: “ma come è possibile che la fluorescenza sia mancante su ampie aree del francobollo?” Il lavaggio prolungato, potrebbe causare questa apparente anomalia? Ma, veramente… se ci ragioniamo un po’ sopra e cerchiamo di immaginarci i microscopici luminofori che vanno in giro nella bacinella piena di acqua e francobolli….. si, negli appunti di Riggi ci sono alcuni esempi di passaggio per contatto dei luminofori da un francobollo ad un altro (figura 1), ma si tratta di leggeri passaggi di fosforo che investono pellicolarmente i francobolli e che non rendono il francobollo decisamente fluorescente.
In figura 1 le aree colorate non sono uniformi a causa della direzione di origine della luce viola proveniente solo dalla parte alta del francobollo, questa parte risponde con maggiore intensità e la macchina fotografica la registra fedelmente. La differenza reale tra la carta non fluorescente (in basso nell’immagine) e la parte che ha ricevuto pellicolarmente un po’ di fluorescenza va valutata giusto in prossimità dell’impronta visibile della dentellatura. In questa zona a cavallo della dentellatura, si nota bene come la differenza di fluorescenza sia realmente contenuta. E si deve anche dire che il francobollo fluorescente non ha subito la perdita totale della fluorescenza perché se così fosse, lavando i francobolli misti, dovremmo avere tutte carte uguali a debole fluorescenza! Oppure si potrebbero preparare facilmente varietà di fluorescenza. Certamente con opportune manipolazioni chimiche tutto si può fare, anche se non al 100% perché qualche evidenza resta sempre, ma qui non voglio parlare di frodi, bensì di semplice lavaggio che tutti i collezionisti fanno. Restando nell’ambito del collezionismo sano, tutto questo non c’è! C’è anche da aggiungere che il fosforo che può passare per aderenza da un francobollo ad un altro, è solo quello applicato superficialmente, non certamente quello contenuto all’interno della carta. E qui è necessario citare anche i differenti tipi di carta perché non sono mica tutte uguali! Come è noto, per la stampa dei francobolli è stata utilizzata carta fluorescente in patina, carta fluorescente in pasta, vernice fluorescente ed inchiostri fluorescenti [il famoso 10 lire siracusana con un rosso brillante alla luce viola nelle versioni con filigrana ruota, stelle 1, 2 e 4(?), ma ce ne sono tanti altri, anche nei Castelli, come abbiamo visto in altre occasioni].
È mia intenzione riprendere gli appunti di Riggi su questo argomento e spero di farlo a breve. Qui vorrei mostrare solo un po’ di immagini di francobolli che ritengo abbiano difetti di fluorescenza, ma non dovuti a lavaggio, bensì ad una fluorescenza difettosa per fabbricazione della carta. Si tratta, come ho accennato all’inizio, di esemplari del 750 lire castelli usati negli anni 91-92 (quelli da me analizzati).
Esperienze
Premetto che, a differenza degli Alti Valori lire, i castelli hanno avuto solo fluorescenza in pasta di vari colore, bianco e rosa nelle prime tirature e gialla nelle successive (a partire dal 1984). Nella figura 2 riproduco un esemplare con fluorescenza mista bianco-gialla, cosa già messa in evidenza da Riggi (opera citata). La particolarità è che sono presenti anche chiazze blu grigiastre che denotano la totale assenza di fluorescenza. Se nei castelli la fluorescenza è sempre in pasta, vuol dire che, abradendo la superficie, la parte interna della carta continua a rispondere senza alcuna differenza alla luce di Wood o luce viola o luce nera. Se invece notiamo, come in figura 2, che alcune parti del francobollo/foglio, non rispondono alla luce restando di una colorazione scura tra il blu ed il grigio, vuol dire che in queste aree osserviamo mancanza o carenza di luminofori.
Altra immagine interessante è quella di figura 3. Essendo una striscia di quattro francobolli, la gradualità del fenomeno è veramente chiara. È indubbio in questo caso che la fluorescenza tenda a diminuire gradualmente da destra verso sinistra e l’estremo lembo sinistro appare come se ne fosse quasi totalmente privo.
Guardando sia il fronte che il verso di questa striscia, osserviamo che la fluorescenza ha lo stesso comportamento su entrambe le facce e ciò dimostra che la fluorescenza è in pasta ed ha una distribuzione non uniforme. Tale decremento di fluorescenza è certamente dovuto ad una riduzione quantitativa di fosforo nell’impasto di produzione della carta e la luce viola lo evidenzia perfettamente. Tenendo presente che i castelli hanno fluorescenza in pasta nella carta, non è possibile toglierla al suo interno, come aveva già notato Riggi (appunti inediti).
Questo ritrovamento induce a pensare che ci possano essere stati fogli interi (molto probabilmente pochi) o parti di foglio di questo francobollo senza fluorescenza. A conferma di questa idea presento altre immagini molto eloquenti che provengono sicuramente da fogli differenti (figura 4).
Come si può notare, nessun esemplare è totalmente senza fluorescenza; solo il primo a sinistra lo è quasi. Si nota infatti una risposta parziale di fluorescenza gialla in basso a destra. Negli altri tre esemplari, invece, si notano aree limitate fluorescenti visibili nella stessa posizione, sia sul fronte che sul recto.
Conclusioni
A questo punto vengono spontanee due considerazioni:
- Non penso che questi francobolli siano stati manipolati in quanto mancherebbe la possibilità di estrarre la fluorescenza dall’impasto della carta per via chimica o fisica.
- In base a quanto sopra, si potrebbe pensare che potenzialmente potrebbero esistere esemplari di castelli stampati su carta non fluorescente per difetto di fabbricazione dell’impasto, però questa volta su carta con filigrana stelle quarto tipo e non secondo.
aggiornamento del 26 giugno 2017
Questo articolo è apparso nel mese di gennaio 2017 su Il Francobollo Incatenato n. 269. Recentemente Ketty Borgogno mi ha inviato l’immagine fronte retro di due esemplari da 750 lire totalmente privi di fluorescenza, sia in pasta che in patina. Ho colto quindi l’ocasione per rivedere l’articolo nel suo complesso e aggiungere questa ultima novità.
Nella figura 5 mostro questo nuovo ritrovamento che sicuramente spingerà gli appassionati di questa serie a rivedere i loro magazzini nella speranza di trovare altri esemplari da inserire nella propria collezione. Certamente siamo di fronte a ritrovamenti che possiamo considerare rari quindi non posso che augurare buona fortuna a tutti gli appassionati con la speranza che possano trovare questa varietà, magari, anche in altri valori di questa intrigantissima serie ordinaria.
bibliografia
Giovanni Riggi, 1990. La Fluorescenza nei Francobolli d’Italia, edizioni CRAL SIP sez. Torino.
Giovanni Riggi, 1995. La Fluorescenza nei francobolli d’Italia, Vaccari Editore.
IL CASTELLO FALSO DA 500 LIRE
Nicola Luciano Cipriani (perito filatelico) –
Questo falso castello è noto da tempo ed è presente nell’elenco dei falsi redatto da Giovanni Riggi (figura 1). Secondo la descrizione del fondatore del CIFO, di questo falso dovrebbero esistere due differenti tipi prodotti, molto probabilmente, dallo stesso autore. La prima scoperta risale al 1992 e Riggi ne fornisce una descrizione scritta abbastanza semplice: stampa offset su carta patinata non fluorescente, dentellatura 11, gomma molto lucida e giallastra. Il secondo tipo, scoperto nel 1995, è stampato su carta opaca e con colori più scuri. Di questo secondo sembra che Riggi ipotizzi l’esistenza sulla base del tipo di carta e dei colori più scuri.
Per capire qualcosa di più su questo falso, ho chiesto un po’ di esemplari ai soliti amici: Ketty Borgogno, Diego Carraro, Stefano Finotti, Claudio Manzati e Stefano Proserpio mi hanno supportato e colgo l’occasione per un ringraziamento ufficiale. Nella figura 2 sono riportate le relative immagini.
Carta
Questi falsi sono stati stampati su carta non filigranata abbastanza sottile di differente tipologia. Dei due campioni analizzati direttamente (B = Borgongo e M = Manzati) (figura 2), uno ha carta porosa (B) e l’altro molto liscia. Il colore è bianco per il campione B, mentre è leggermente avorio per M. anche la fluorescenza è leggermente differente: bianco brillante in B e leggermente meno brillante in M.
Stampa
Il metodo utilizzato è il fotolito (offset), i colori sono molto piatti e talora con un evidentissimo fuori registro. Si notano rari e sparsi punti di colore che possono far pensare ad una stampa a getto d’inchiostro, ma questo mezzo di stampa è da scartare per la presenza del fuori registro. Le scritte superiori, anziché essere monocolori, mostrano un puntinato blu sovrapposto al marrone a tratto pieno ben visibile nei fuori registro (figure 3 e 4). Il colore verde dei due alberi è dato da una sovrapposizione di giallo pieno a bande con una serie di puntini blu. Puntini blu contornano anche la cifra 500 e sono sovrapposti anche sul marrone della cornice e delle scritte in ditta. I fuori registro portano questi puntini anche all’esterno della vignetta.
Dentellatura
La dentellatura è lineare con passo 11¼. Talora si notano fori ciechi disposti casualmente sui francobolli. Questa tipologia di perforazione non è molto precisa, tanto che le dimensioni dei francobolli sono abbastanza variabili.
Colla
Il campione M, l’unico nuovo visionato a mano, ha la colla leggermente giallina, lucida e sottile.
Analisi dei campioni e confronti
Gli otto esemplari visionati sono riportati in figura 2. A parte l’evidente fuori registro nell’F-2, in M e in P-2, a colpo d’occhio si nota subito una certa variabilità cromatica del marrone della cornice che d’impeto farebbe dividere gli otto in 2-3 gruppi. Ma non è solo il colore della cornice a far risaltare le differenze; a ben guardare anche il colore del castello dice la sua (figura 5).
Infatti i campioni C-1, C-2, B e P-1 hanno un tono che va da grigio verdino a grigio-azzurrino, mentre gli altri (F-1, F-2, M e P-2) sembrano essere lontani parenti. Tra questi ultimi si distingue bene il campione F-1 per il tono blu intenso, mentre i restanti hanno un tono decisamente azzurro. In questo quadro anche la leggera differenza di tono della loro cornice diventa significativa.
La figura 5 mette in evidenza anche una differenza dimensionale. Nell’immagine i castelli sono allineati secondo l’ultima finestra a sinistra, notiamo invece a destra una sporgenza differenziata tra gli esemplari del primo gruppo individuato e quelli del secondo gruppo. Tra questi ultimi si nota un’ulteriore leggera differenza che caratterizza gli esemplari M e P-1 per la larghezza maggiore del castello.
Ho voluto verificare anche le dimensioni dei francobolli e nelle figure 6 e 7 riporto rispettivamente la larghezza e l’altezza della vignetta. Per quanto riguarda la larghezza è evidente una variabilità inspiegabile, soprattutto perché l’altezza è, in confronto, decisamente costante. Sulla base della prima dimensione è possibile individuare due gruppi; al primo più numeroso, anche se con dimensioni non proprio uguali, sono ascrivibili gli esemplari C (1 e 2), B M e P-1; al secondo i due campioni F e P-2.
Per quanto riguarda l’altezza (figura 7), si nota invece una maggiore costanza del dato, tanto che non è possibile riconoscere i gruppi individuati. In questa figura l’allineamento è stato fatto secondo il bordo alto della cornice, escludendo quindi le scritte. Si nota una differenza molto piccola tra alcuni campioni, ma certamente poco significativa ed in contrasto con i risultati della figura 6.
Conclusioni
Le osservazioni esposte farebbero pensare che questi francobolli siano stati stampati in tempi differenti. A questa conclusione si giunge per le eccessive differenze dei colori utilizzati, dei fuori registro e, direi, anche per le differenze dimensionali tra altezza e larghezza della vignetta. Per questa caratteristica poco spiegabile non si può addurre un metodo fotografico di replica perché in questo caso le differenze si sarebbero dovute trovare in entrambe le direzioni analizzate. Poiché per il fotolito si allestisce una serie di lastre, una per ciascun colore, si potrebbe pensare che alcune siano state rifatte o per danneggiamento/usura, oppure per aggiustare il tiro sul colore, cercando di produrre un falso che potesse somigliare il più possibile all’originale.
IL TAGLIO CHIRURGICO
Stefano Proserpio, con la collaborazione di Nicola Luciano Cipriani
A volte in filatelia si danno per scontato cose che non lo sono. Penso che a tutti noi, sentendo parlare di taglio chirurgico (o di rasoio), vengano subito in mente delle immagini di questa splendida varietà; dovendone dare una definizione però e, soprattutto, comprenderne la genesi, molti potrebbero avere qualche difficoltà. È quanto successo anche a me quando mi sono accinto a scrivere queste righe e mi sono messo a cercare in letteratura e sul web ogni informazione che potesse essere utile a meglio presentare tale varietà, senza trovare una trattazione organica sul tema.
Innanzitutto: cos’è e come si origina un taglio chirurgico? Con sorpresa ho constatato che le definizioni non sono univoche, anche se riconducibili sostanzialmente a due.
Un primo gruppo si rifà alla definizione di un noto catalogo specializzato che così si esprimeva già in un’edizione del 1991: “Taglio chirurgico: si tratta di una riga di colore nel senso della stampa, sulla bobina, causata da un corpo estraneo tra il cilindro di stampa e la sua racla”; un’edizione successiva del 2012 integra la definizione con una frase finale circa il valore di tali varietà: “gli esemplari che presentano questa varietà hanno un valore compreso tra i 50 e i 100 euro, a seconda dell’entità”. Sulla stessa linea l’articolo “I francobolli di Repubblica: questioni tecniche” in La Repubblica Italiana, Poste Italiane – 2003, pag. 258, che cita il taglio chirurgico tra le varietà tipiche della stampa in rotocalco, così definendolo: “riga di colore nel senso della stampa causata da un corpo estraneo sul cilindro”.
Passando al web, al link http://www.ilpostalista.it/consul_riggi111.htm si legge quanto segue “Il ‘taglio chirurgico’ o di rasoio come altri lo chiamano si forma nella stampa rotocalcografica quando un piccolo corpo estraneo (un granellino di polvere, un piccolo residuo di inchiostro secco …) si interpone tra la racla pulitrice ed il cilindro di stampa. In queste condizioni la racla non può pulire bene il cilindro dall’inchiostro in eccesso perché rimane leggermente sollevata, così lascerà sul cilindro stesso due piccoli aloni di inchiostro ai lati dell’oggetto estraneo. Invece in corrispondenza dell’ ”intruso” il cilindro risulterà pulito. Normalmente il taglio chirurgico è sempre orientato nella direzione di stampa e si riscontra in moltissime emissioni rotocalcografiche, anzi nella maggioranza delle emissioni!”. Sempre su internet nel Dizionario postale e filatelico italiano pubblicato su www.accademiadiposta.it la voce che ci interessa è così definita: “Termine filatelico che definisce una varietà tipica della stampa in rotocalco, consistente in una fascia di colore con il centro bianco che attraversa il foglio di francobolli o gli interi postali nel senso della stampa; è causato da un corpo estraneo finito tra il cilindro di stampa e la racla che asporta l’inchiostro in eccesso”. Tale definizione è correlata da una bella immagine di una coppia del 30 lire Democratica, che rappresenta indubbiamente un taglio chirurgico (fig. 1).
Anche Wikipedia si pone in tale solco: “Il taglio chirurgico è una varietà tipica della stampa a rotocalco, consistente in una doppia riga di colore con il centro bianco, presente sui fogli nel senso della stampa, causata da un corpo estraneo tra il cilindro e la racla. La racla è una lama che elimina dal cilindro il colore in eccesso, e in caso ci siano delle impurità o un mal funzionamento qualsiasi, lascia delle righe colorate simili a striature che poi rimangono nella stampa. L’effetto che se ne ottiene è la doppia striatura di colore e al centro una parte che rimane bianca relativa all’oggetto intruso o alla parte rotta. Questa varietà è nota su molti francobolli italiani ed esteri. Oltre alla varietà di colore, si possono avere anche dei tagli chirurgici nella fluorescenza, infatti, sempre per le stesse motivazioni, al momento di apporre ed eliminare la fluorescenza in eccesso, se ci sono dei corpi estranei o danneggiamenti, ci sarà una modifica della maschera di fluorescenza del francobollo. La maschera o le bande fluorescenti risulteranno così modificate, fino, nei casi più eclatanti, a creare dei tipi naturali di francobolli. Questa varietà è riscontrabile sui francobolli di Gran Bretagna e Canada. Talvolta, meno evidente, un improprio taglio chirurgico può essere solo una riga di colore verticale, causato da un pelo o altra impurità che struscia sulla carta al momento della stampa. Questa varietà è particolarmente frequente sulle serie ordinarie italiane della Siracusana e dell’Italia al Lavoro, sia come riga di colore che come riga di assenza di colore. Delle due tipologie di righe, è sicuramente più rara la riga di colore.” Accompagnano tale definizione due immagini: una relativa ad un esemplare Donne nell’arte da 10 cent. con taglio chirurgico (fig. 2)
ed una composizione che mette a confronto tre francobolli da 20 Lire della serie ordinaria “Siracusana” fluorescente che presentano delle “varietà di righe” a confronto, evidenziando la differenza tra la riga di colore e il taglio chirurgico vero e proprio (fig. 3).
Esiste un’altra interpretazione dei tagli chirurgici, quella data dal fondatore del CIFO, Giovanni Riggi di Numana, di cui ho raccolto alcuni contributi che si completano a vicenda.
Il primo è contenuto in “I francobolli ordinari definitivi della Repubblica Italiana denominati Castelli d’Italia”, Pubblicazione didattica del CIFO n. 11 – giugno 1998, pag. 89-90: Taglio di rasoio o chirurgico: i francobolli interessati da questa varietà sono attraversati verticalmente o orizzontalmente da due bande colorate parallele, separate da uno spazio di circa 0,8/1,2 mm., la cui lunghezza è variabile da qualche millimetro ad alcuni centimetri (in questo caso la varietà interessa più francobolli). La larghezza di ciascuna delle bande è di circa 3/5 mm. Il colore è monocromo e può essere diverso in stampate successive dello stesso francobollo. Le bande colorate hanno tra loro una linea di separazione molto netta dal lato dell’interspazio che le divide, ma tendono a sfumare dall’altro lato. Le bande possono colpire qualsiasi area del foglio, compresi i bordi, ma nei casi più frequenti attraversano almeno due vignette. È un difetto di stampa legato ad uno sbuffo della macchina rotocalcografica stampatrice che si verifica irregolarmente quando la pressione dell’aria compressa che muove i meccanismi richiede uno scarico, spruzzando l’inchiostro utilizzato in quel momento sul foglio sottostante. Gli esemplari interessati da tagli di rasoio sono abbastanza rari e sono spettacolosi per il contrasto dei colori delle bande con i colori delle vignette. Il nome così poco filatelico deriva dal modo di apparire della varietà che sembra, se l’inchiostro spruzzato è rosso, simile ad un taglio netto in carne viva, provocato da una lama molto affilata come un rasoio o un bisturi. Nella maggior parte dei casi il tagli di rasoio può essere considerato tra le varietà naturali perché fogli contenenti questi segni sono abitualmente trovati presso i rivenditori di francobolli.
C’è poi il “Lessico filatelico” da lui curato, che a pag. 403-404 alla voce “taglio” così recita: Il taglio di rasoio o taglio chirurgico è una particolare varietà filatelica pregiata, una doppia traccia colorata (di uno dei colori utilizzati nella stampa) che si può vedere su qualche raro francobollo stampato in rotocalcografia. Si tratta di un modesto doppio spruzzo di inchiostro che è trafilato da una fessura delle macchine da stampa, spinto dai meccanismi pneumatici che lo polverizzano in minute goccioline e che si esprime in due linee colorate e sfumate parallele, tra loro distanziate da una linea non colorata spessa qualche decimo di millimetro o poco più, per una lunghezza di qualche centimetro (fino a 20). La colorazione è in genere molto visibile e modifica sensibilmente l’aspetto del francobollo, ma soprattutto poco comune e quindi ricercato dai cultori delle varietà. I tagli di rasoio si sviluppano in altezza o in larghezza del francobollo (raramente in leggera diagonale) in quanto vengono prodotti dalle macchine mentre i fogli scorrono sull’impianto e quindi seguono la direzione dello scorrere della carta. Per quanto riguarda l’Italia è trasversale o parallelo al dritto della vignetta, ma ne esistono alcuni lievemente inclinati rispetto ad uno o due assi della vignetta, originati dagli stessi spruzzi di inchiostro ma verificatisi mentre la carta per qualche causa accidentale non era perfettamente allineata alla direzione di avanzamento.
Lo stesso “Lessico filatelico” a pag. 45, alla voce “chirurgico”riporta: Aggettivo in filatelia connesso con la parola taglio. Il “taglio chirurgico” è un grosso e ben visibile difetto di stampa che si vede su qualche francobollo o su file di francobolli contigui (in genere verticali) che si esprime con la presenza di una coppia vicinissima e parallela di baffi sfumati monocromi che coprono la stampa di vaste aree dei francobolli modificandone l’aspetto finito (figura 4).
La presenza di taglio chirurgico non è comune ed i francobolli che lo possiedono sono particolarmente apprezzati dai collezionisti di varietà”.
Meritano di essere citati anche alcuni stralci dell’articolo “Il taglio di rasoio” pubblicato da Riggi su Il Francobollo Incatenato n. 57, luglio 1997: “Nello stesso foglio, in quei rari fogli che sono stati scoperti ancora interi, questa stampa aggiuntiva è presente una sola volta (…). Il colore della stampa aggiunta è sempre appartenente ad uno solo dei colori presenti tra quelli che colorano la vignetta, ma sullo stesso tipo di francobollo può variare nel corso del tempo e delle tirature. In altre parole se la vignetta è in quadricromia il colore del “taglio” può essere di uno solo dei quattro colori e, in fogli diversi, può essere di un colore, dei quattro, diverso. (…) I francobolli con taglio di rasoio sono nati con l’uso delle macchine da stampa complesse del secondo dopoguerra (Brm, Goebels) e sono divenuti un poco più frequenti nel periodo 1975 – 1990. Il fenomeno non è mai stato chiaramente spiegato dal Poligrafico di Stato forse anche perché mai nessuno ha posto domande specifiche. Genericamente si può dire che le due barrette colorate sono dovute a microspruzzi di inchiostro lanciati dalla modesta pressione dei meccanismi pneumatici che spostano e muovono le matrici dalla carta da stampa durante uno dei passaggi cromatici. Sono in realtà degli “sbuffi” di inchiostro colorato provenienti da due fessure che involontariamente e molto saltuariamente colpiscono alcuni fogli di francobolli durante la stampa.
Due correnti di pensiero differenti, dunque. Entrambe concordano sul tipo di stampa che rende possibile il verificarsi di tale varietà: quella rotocalcografica. Questo è un punto fermo che ci risulterà utile poco più avanti.
Wikipedia, come si è visto, evidenzia che oltre al taglio chirurgico esistono altre “varietà di righe”; proviamo ad esaminarne alcune cercando di ricondurle all’una o all’altra corrente di pensiero.
Le figure 5 e 6 riportano alcuni esemplari del 30 lire Michelangiolesca: la 5 è indubbiamente un taglio chirurgico inclinato;
la 6 mostra invece una riga inclinata di colore bianco;
lo stesso dicasi rispettivamente per le figure 7 e 8, relative a due valori della Siracusana.
Righe in senso lato sono riscontrabili anche sui francobolli di servizio: le figure 9, 10, 11 e 12 mostrano tagli chirurgici su esemplari di pacchi postali, pacchi in concessione, segnatasse e posta aerea, mentre la 13 mostra semplici righe bianche su francobolli per espresso.
Personalmente sarei portato a ricondurre gli esemplari con riga bianca (figg. 6, 8 e 13) all’interpretazione del primo tipo, mentre ascriverei i numeri 5, 7, 9, 10, 11 e 12 alla definizione di Riggi. In particolare la definizione da lui data calza a pennello al blocco di nove esemplari del Castello da 850 lire riportato in figura 14,
ben apprezzabile nonostante la qualità non eccelsa dell’immagine (da G. Martina “Le varietà della serie ordinaria ‘Castelli d’Italia’ ”, U.F.S. 2006).
La fascia nera che in alto si separa in due con la fascia bianca nel mezzo non può che essere prodotta da uno sbuffo di inchiostro dovuto ad uno sfiato di pressione del sistema e non da un granello intruso e trascinato dalla racla. All’inizio la pressione è elevata e la barretta davanti allo sbuffo viene avvolta tutta dall’inchiostro a causa della pressione; subito dopo, si ha diminuzione di pressione e, in parallelo con lo scorrimento della carta, il flusso di inchiostro si attenua e la barretta antistante ostacola lo spandimento del colore producendo la fascia bianca mediana. Con questa interpretazione si possono spiegare molto bene anche i due esempi di figura 15.
In particolare lo sbuffo sul 100 lire è interpretabile con una caduta di pressione molto breve ed intensa che ha prodotto un taglio chirurgico abortito, mentre la forma sul 550 lire è interpretabile con uno sbuffo di non alta pressione ma più prolungato nel tempo che ha prodotto un taglio chirurgico che si assottiglia lentamente.
Alcuni casi però non sono così chiari: di seguito segnalo due casi relativi ai Castelli: si tratta di un esemplare da 500 lire riportato da Giovanni Martina nella pubblicazione testé ricordata e di uno da 700 lire in mio possesso (rispettivamente figg. 16 e 17).
Entrambi recano una traccia che potrebbe assomigliare ad un tenue taglio chirurgico, ma ciò non è possibile, perché i due francobolli sono stati stampati rispettivamente in calcografia e calcografia + offset, mentre – come visto – il taglio chirurgico può essere generato solo dalla stampa con metodo rotocalcografico. Potremmo forse definire tali varietà come interruzione lineare di stampa o righe di colore, ma non certo come tagli chirurgici.
Focalizzando ulteriormente l’attenzione sulla serie Castelli, andiamo ad esaminare preliminarmente i metodi di stampa impiegati per tale serie, diversi a seconda dei valori:
– Rotocalco a 2 colori: 5, 10, 20, 30, 40, 60, 120 e 150 lire
– Rotocalco a 4 colori: 50, 70, 80, 90, 100, 380, 550, 650 e 850 lire
– Calcografia e offset: 170, 180, 200, 250, 300, 450, 600, 700 lire
– Ristampa in rotocalcografia (D.M. 2/11/1993): 200, 250, 300 e 450 lire
– Calcografia: 350, 400, 500, 750, 800 lire e tutti gli esemplari per macchinette
– Calcografia a doppia impressione: 900, 1000 e 1400 lire
Una nota curiosa ed inedita, a quanto ne so, relativa al 650 lire: il D.M. 15/3/1986 stabiliva che il francobollo da 650 lire fosse stampato in calcografia coi colori azzurro oltremare, viola malva e terra di Siena. Evidentemente le cose andarono diversamente e il francobollo fu stampato in rotocalco, come attestato anche dalla presenza su tale francobollo di tagli chirurgici (fig. 18).
Come sopra esposto il taglio chirurgico è riscontrabile solo su esemplari stampati in rotocalco, pertanto la ricerca di tale varietà andrebbe concentrata “solo” sui 17 valori realizzati con tale tecnica di stampa. In realtà anche i tre valori dentellati 13 ¼ (50, 100 e 550), il 50 lire datato 1980 e i 4 valori ristampati nel 1994 sopra ricordati ricadono tra i valori stampati in rotocalcografia; bisognerebbe poi tener conto anche del 100 lire stampato su carta con filigrana stelle II e degli otto valori con dentellatura a blocco. Perciò i francobolli sui quali è possibile trovare la pregiata varietà sono quelli riassunti in tabella.
Nella tabella ai singoli francobolli sono associati il numero di colori di stampa e l’indicazione degli stessi come riportata nei relativi Decreti Ministeriali che ne autorizzano l’emissione; in alcuni casi i colori vengono puntualmente indicati, in altri compare la dicitura “quadricromia”. Cercando tra i libri a mia disposizione ho trovato quanto segue: “nel rotocalco e nell’offset (…) la quadricromia è ottenuta dalla sovrapposizione di giallo, magenta, ciano e nero” (Bogoni D., 1999 opera citata). Tale indicazione era coerente con tutti i tagli chirurgici rinvenuti su francobolli stampati in quadricromia dei quali disponevo fino a quel momento; ad un certo punto, però, ricevo l’immagine del taglio chirurgico di colore verde sul Castello da 650 lire, già presentata in figura 18. Come spiegare un taglio verde in un francobollo che avrebbe dovuto essere stampato in giallo, magenta, ciano e nero? Scartata l’ipotesi che il colore fosse originato dalla sovrapposizione di giallo e ciano, è scattata un’indagine nella quale ho coinvolto anche Luciano Cipriani, i cui esiti vado a riportare.
Il termine quadricromia si riferisce solo ai quattro colori base (ciano, magenta, giallo e nero) ed essa può essere utilizzata per la stampa con qualunque metodo (rotocalco, offset, ecc). Esistono poi altri colori, chiamati colori pantone, che non sono fatti con la miscelazione di due o più colori base, ma derivano dalla miscelazione di altri colori pantone. Un colore pantone può essere utilizzato in sostituzione di uno o più colori della quadricromia. È quanto accaduto nel caso del 650 lire, nel quale il nero è stato sostituito dal verde, come confermato dai colori di registro (triangoli colorati) presenti sul bordo destro del blocco rappresentato in figura 19: è presente un triangolo verde, mentre ne manca uno di colore nero.
La stampa però può essere fatta anche senza l’uso della quadricromia: un esempio è il Castello da 150 lire (fig. 20) che è stampato a due colori i quali, entrambi, sono colori pantone.
Chiarito quanto sopra, vediamo a questo punto su quali valori dei Castelli sono ad oggi effettivamente conosciuti dei tagli chirurgici rispetto a quelli teoricamente possibili indicati in tabella; ciò sulla base di quanto rintracciato in letteratura e sul web e delle segnalazioni di pezzi pervenute da collezionisti del settore (evidenziati in grassetto i valori via via segnalati in più rispetto ai precedenti):
– Riggi sui valori da 50, 100, 150, 380, 550, 650, 850 lire.
– Giovanni Martina nell’opera citata riporta tale varietà per i valori da 20, 50, 100, 500 (da stralciare, come descritto più sopra), 550, 650 e 850 lire.
– il Catalogo Sassone specializzato ed. 2012 cita i valori da 50, 100, 150, 380, 550, 650 e il 50 lire Calascio datato 1980.
– www.catalogospecializzato.it segnala, tra gli altri, un 80 lire (fig. 23)
– Ketty Borgogno in un recente articolo segnala l’esistenza del taglio chirurgico sul 10 e sul 20 lire (Il Foglio U.F.S. n. 185, settembre 2015, pag. 17)
– Stefano Finotti, oltre ai valori in suo possesso, segnala di conoscere l’esistenza di un 40 lire
– nella mia collezione è presente, tra gli altri, un 120 lire (fig. 25)
Dalla ricognizione eseguita è emerso che i Castelli sui quali più frequentemente si rinvengono tagli chirurgici sono il 50, il 100 ed il 550 lire, probabilmente in quanto soggetti a maggior consumo e quindi a maggiore tiratura, con conseguente aumento delle probabilità del verificarsi della varietà, mentre altri sono di più difficile reperibilità; di parecchi poi non si è al momento trovata traccia alcuna.
È aperta la caccia ad altri esemplari: ogni segnalazione è gradita!
Un sentito ringraziamento agli amici Ketty Borgogno, Luciano Cipriani, Stefano Finotti, Claudio Manzati, Sergio Mendikovic, Giovanbattista Spampinato e Leonardo Costa che hanno collaborato fornendo informazioni ed immagini.
E siccome anche l’occhio vuole la sua parte, quale conclusione migliore di una rassegna di belle immagini di tagli chirurgici sui Castelli?
Bibliografia
– Bogoni D. “La stampa” in ‘Castelli un baluardo postale’, Poste Italiane, 1999 (pag. 35).
– Borgogno K. “Varietà della serie ordinaria ‘I Castelli d’Italia’ – parte prima” in ‘Il Foglio dell’Unione Filatelica Subalpina’, n. 185 – Settembre 2015 (pag. 16).
– Crevato Selvaggi B. (a cura di) “Le carte-valori ordinarie della Repubblica” in ‘La Repubblica Italiana’, 2003, Poste Italiane (pag. 294).
– Crevato Selvaggi B. (a cura di) “I francobolli di Repubblica: questioni tecniche” in ‘La Repubblica Italiana’, Poste Italiane – 2003 (pag. 258).
– Martina G. “Le varietà della serie ordinaria ‘Castelli d’Italia’ ”, ed. Unione Filatelica Subalpina – 2006.
– Riggi di Numana G. “I francobolli ordinari definitivi della Repubblica Italiana denominati Castelli d’Italia”, Pubblicazione didattica del CIFO n. 11 – giugno 1998 (pag. 89-90).
– Riggi di Numana G. “Il taglio di rasoio” in Il Francobollo Incatenato n. 57, luglio 1997 – CIFO.
– Riggi di Numana G. “Lessico filatelico” ( pag. 45 e 403-404).
750 LIRE CASTELLI: ANCORA COLORI FLUORESCENTI
Ketty Borgogno, Nicola Luciano Cipriani e Giovambattista Spampinato
Ketty Borgogno
“Circa un mese fa ho ripreso la mia attività filatelica che trascuro sempre un poco durante l’estate, mi sono dedicata (e mi sto dedicando) ai castelli.
Seguo e leggo gli articoli di Luciano Cipriani che riguardano questa serie e sapevo che aveva trovato dei 1000 lire e dei 900 lire con colori fluorescenti visibili al retro, da quel momento tutti i castelli che passano sotto la mia Wood li guardo anche sul retro. Stavo analizzando un piccolo accumulo (circa 5000 esemplari) del 750 lire alla ricerca dei non fluorescenti con filigrana stelle 2. durante la ricerca un po’ monotona e senza risultati per lo scopo che mi ero prefissa, con mia grande sorpresa e soddisfazione mi sono imbattuta in una quartina che, alla luce viola, ha mostrato una colorazione blu scura al verso, in corrispondenza dei colori marrone e blu, in modo abbastanza completo (figura 1). Ricordandomi degli articoli scritti da Luciano sul 900 e 1000 lire mi sono resa conto che quel colore blu scuro, quasi nero, che stavo vedendo era prodotto dalla fluorescenza dei colori usati per la stampa.
Anche se era notte tarda ho subito mandato un sms a Luciano comunicandogli la scoperta ed il giorno seguente gli ho mandato la foto e le caratteristiche della quartina.
Durante la ricerca ho poi trovato altri 2 esemplari con le stesse caratteristiche che ho donato ai miei compagni castellani Luciano (figura 2) e Giovambattista Spampinato, attento studioso di questa serie.
Il numero ridotto di questi francobolli (6 pezzi), rispetto al totale (circa 5000 pezzi), corrispondono ad una percentuale di ritrovamento dello 0,12%. Questo dato mi ha fatto pensare subito che i colori fluorescenti nel 750 lire castelli non dovessero essere tanto comuni. Un’altra considerazione ha avvalorato questa idea e cioè: se questa variante del 750 lire fosse stata comune sarebbe nota da tempo. E qui è scattata l’idea di consultarmi con Luciano.
Ancora una volta, il mio hobby, la filatelia, mi ha dato una gran bella soddisfazione!”
Nicola Luciano Cipriani
La notizia ricevuta da Ketty mi ha subito messo in moto ed ho controllato tra la mia riserva di mazzette; del 750 lire ne ho tirate fuori 117 per un totale di 11.700 francobolli. La ricerca è stata abbastanza fruttuosa: sono emersi ben 27 francobolli che hanno il blu ed il marrone fluorescenti, corrispondenti ad una frequenza dello 0,23%. C’è però da fare un distinguo: non tutte le superfici coperte dal blu e dal marrone sono risultate sensibile alla lampada viola. Ho suddiviso in classi di superficie interessata i francobolli trovati e mostrerò più avanti alcuni esempi.
Anche Giovambattista Spampinato si è messo in moto e tra 35 mazzette ne ha trovati 9. pari allo 0,26% Anche lui ha riscontrato superfici sensibili di differente dimensione, ma nessuno completo come in figura 3.
Come accennato, le superfici di colore fluorescente sono abbastanza variabili, cosa riscontrata anche nel 900 lire (Il Francobolli Incatenato n. 248 e https://www.peritofilatelico-cipriani.it/anche-il-900-lire-castelli-ha-il-nero-fluorescente-e-non-solo/) e nel 1000 lire (Il Francobolli Incatenato n. 209 e https://www.peritofilatelico-cipriani.it/uno-strano-1000-lire-castelli/) della stessa serie.
Infatti su tutti i francobolli da 750 lire con colori fluorescenti trovati, uno solo ha il 100% delle superfici colorate fluorescenti (figura 3), tutti gli altri sono variabili fino a chiazze minime e di scarso interesse. La figura 3 mostra, a sinistra, il recto con i colori marrone e blu più cupi e quasi dello stesso colore, mentre, al verso sono riconoscibili, speculari, tutti gli elementi della stampa: il castello, le linee del cielo sopra la torre più alta, la cornice, il nome del castello ed il valore che appaiono tutti dello stesso colore blu scuro. Tra i 20.200 francobolli circa visionati da noi, il verde non sembra proprio essere affetto da questa caratteristica.
La fluorescenza gialla caratterizza per lo più questi francobolli, ve ne sono però anche con fluorescenza che a prima vista sembra scolorita (bianca con piccole plaghe gialle sul retro e giallo chiaro sul davanti; ve ne sono anche con fluorescenza bianca su entrambi i lati accompagnata da ampie chiazze gialle. Molto meno comuni quelli con fluorescenza bianco azzurrina su entrambi i lati.
Il periodo d’uso sembra essere abbastanza ristretto, sugli annulli leggibili ho riscontrato solo gli anni 1993, 1994 e 1995. Questo spiegherebbe la maggiore difficoltà di ritrovamento rispetto al 900 e 1000 lire che invece sono stati utilizzati per gran parte degli anni ’90. Per questi ultimi due valori non ho fatto alcuna valutazione sulle frequenze di ritrovamento. Nel primo articolo, in cui ho descritto il 1000 lire, ho asserito che il francobollo è molto comune allo stato di usato e non raro nuovo; nel secondo, in cui ho descritto il 900 lire, non mi sono espresso in quanto non ho un numero elevato di questi francobolli ed anche perché non sono stati pochi: tra quelli che hanno dato una risposta alla luce viola, completa e parziale, ne ho trovati 68 su poco più di cinque mazzette. Non dovrebbe quindi essere un francobollo raro.
Nel caso di questo 750 lire, la situazione appare veramente differente. Il caso ha voluto che in tre abbiamo avuto a disposizione una quantità di mazzette consistenti e questo mi ha pungolato a fare qualche valutazione in merito alla frequenza di ritrovamento.
Ho diviso i francobolli in 5 classi che descrivo nella tabella di figura 4 ed a ciascuna ho assegnato le percentuali di ritrovamento.
Il totale dei francobolli trovati con risposta alla luce viola sono stati 32 su circa 20200 visionati. La percentuale di ritrovamento generale è dello 0,16%.
IL 650 LIRE CASTELLI FALSO IN … TANDEM
Nicola Luciano Cipriani perito filatelico e Stefano Proserpio segretario CIFO
Stefano Proserpio
Qualche settimana fa navigando su Ebay incappavo in una cartolina concorsi affrancata con un francobollo da 650 lire della serie Castelli definito dal rivenditore come “falso di Napoli”. In vendita era offerta anche una busta affrancata con lo stesso falso con l’aggiunta di due Castelli da 50 lire per completare la tariffa a 750 lire. In calce ad entrambe le offerte era indicato che erano disponibili più pezzi. A seguito di contatti presi con il proprietario ho avuto modo di apprendere che i pezzi affrancati con tale “falso” passati nel tempo per le sue mani erano una decina e che tutti erano apposti su cartolina concorso, a parte quello sulla busta con valori complementari sopra citati. Dietro specifica richiesta apprendevo, inoltre, che mittente di tutti gli oggetti era un unico soggetto e che non si trattava di fotocopie a colori ritagliate e dentellate. Incuriosito, decidevo di procurarmi qualche pezzo: la cartolina posta in vendita mostrava un angolo mancante, per cui non partecipavo all’asta (il pezzo trovava comunque un acquirente). Il venditore mi inviava le immagini di altre cinque cartoline: sceglievo le tre che parevano mostrare francobolli integri (figure 1, 2, 3 e 4) e lasciavo da parte le altre due.
Non sono riuscito, invece, ad aggiudicarmi la busta affrancata per 750 lire (figura 5). Segue, infine, una fotografia parziale della lettera “conquistata” da un altro acquirente
Non appena ricevuto a casa le tre cartoline ho constatato che effettivamente non erano affrancate con fotocopie a colori dentellate; ponendole sotto la Lampada di Wood con meraviglia ho osservato che i francobolli erano stampati su carta fluorescente! Una prima scansione grossolana metteva, inoltre, in evidenza un retino di stampa assai strano.
Provvedevo quindi a contattare il nostro Luciano Cipriani raccontandogli l’antefatto ed inviandogli dapprima le immagini che avevo a disposizione e poi spedendogli le cartoline. Qui mi fermo e passo la parola al nostro illustre Perito.
Nicola Luciano Cipriani
La mia curiosità è sempre grande quando c’è da vedere o studiare novità, e questo 650 lire Castelli è una novità in tutti i sensi, compresa la procedura di stampa. Tutti i falsi per posta stampati in epoca recente sono stati realizzati con il metodo offset (fotolito), spesso a tratto pieno, più raramente con retino a punti. La stampa di questo 650 lire Castelli non differisce tanto nella metodologia di stampa, che è sempre in offset, quanto per il tipo di retino utilizzato. Infatti è la prima volta che mi capita di vedere un retino a righe verticali utilizzato per la stampa di falsi per frodare le Poste Italiane. Per quanto riguarda il loro uso, le cartoline hanno l’annullo illeggibile anche se il concorso (per il quale sono state spedite) ha avuto scadenza il 10.02.92; si deve quindi datare al 1991-92 la stampa di questa imitazione. La busta invece ha un annullo chiaro del 23.1.94, un uso tardivo quindi.
Prima di passare in dettaglio l’analisi di questo falso, mi preme precisare che questa imitazione non è compresa nell’elenco dei falsi castelli redatto da Giovanni Riggi (Seminario di Spotorno, 30-31 maggio 1998) e non mi risulta sia mai stato descritto.
Passo ora ad analizzare questo falso mostrandovi inizialmente la sua immagine a confronto con il francobollo originale (figura 6). Le due immagini a basso ingrandimento dicono poco, ma vedremo meglio le differenze analizzando qualche particolare. Inoltre metto in rilievo che le differenti tonalità visibili, non sono dirimenti in quanto i colori dell’originale sono stati molto variabili nel tempo ed alcune ristampe hanno avuto gli stessi colori dell’imitazione.
La stampa
Nella figura 7 ho riportato i tre francobolli in esame e, anche a piccolo ingrandimento si nota abbastanza bene la rigatura verticale nella parte alta della cornice.
Come si vedrà nelle immagini successive, ciascun colore è stato stampato utilizzando un retino a sottilissime righe verticale. Nelle successive quattro immagini (figura 8), una per ciascun colore utilizzato, il rigato è maggiormente visibile, in modo particolare nel ciano, giallo e nero.
Il ciano è presente in sottili righe rade sulla cornice e in righe più addensate in tutte le parti in cui sono visibili il ciano ed il verde; il giallo è praticamente in sottili righe addensate su tutta l’immagine; il magenta è concentrato in sottili righe addensate sulla cornice, ma è presente anche nella parte del castello; infine, il nero è presente essenzialmente in corrispondenza del verde ma si notano rade sottili righe anche sulla cornice.
La carta
Recentemente il nostro Stefano ha acquisito un’altra cartolina con il francobollo non annullato e che riproduco nelle immagini successive. Non è noto se questo francobollo avesse una propria colla posta sul retro o se ne fosse senza. Fatto sta che in acqua fredda non si è staccato velocemente, segno che non dovrebbe avere colla vinilica, tipica di questa emissione. Dopo il distacco non ho notato alcun residuo di colla, né sul retro del francobollo né sul ritaglio di cartolina, il che determina che la colla fosse stata applicata con un sottile velo e che sia solubile in acqua. Dalle osservazioni sulle caratteristiche della carta si vede molto bene che essa è molto scadente e facile alla sfilacciatura. Nella figura 9 riporto il confronto in luce viola tra l’originale ed il falso, mentre nella figura 10 anche il confronto con una normalissima carta per fotocopie da 80 g/mq. La grammatura della carta utilizzata per il francobollo è leggermente superiore, probabilmente da 100g/mq. Si noti nell’immagine la similitudine della sfilacciatura ancorché il francobollo sia stato perforato.
La fluorescenza
Sempre dalla figura 10 si può notare anche la fluorescenza della carta. Come si può vedere, il colore è decisamente bianco e nulla ha a che vedere con la fluorescenza bianca in pasta che caratterizza i francobolli originali. Infatti l’originale ha un colore di fluorescenza tendente leggermente al rosato smorto, mentre l’imitazione emana una vivida colorazione azzurrina. Per questo confronto ho scelto un originale con risposta in fluorescenza il più bianco possibile tra numerosi campioni disponibili.
La dentellatura
La dentellatura è molto irregolare a causa del non allineamento degli aghi. Questi sono molto sottili, hanno un diametro di 3-4 decimi di mm e probabilmente usurati, come si può dedurre dai fori per la maggior parte poco definiti. Di contro il diametro degli aghi utilizzati presso l’IPZS è di circa 8 decimi (figura 11). I fori molto piccoli agevolano gli strappi durante la separazione dei francobolli tanto che nessuna delle imitazioni è stata separata in modo idoneo. Questo spiega anche la difficoltà di scelta da parte di Stefano al momento dell’acquisto. La misura della dentellatura, in queste condizioni, non è agevole dovrebbe essere 10,5 per entrambe le direzioni. Il condizionale è d’obbligo perché la distanza tra i fori non è nemmeno costante.
Il confronto con l’originale
Con un minimo di esperienza filatelica, questo falso dovrebbe essere facilmente riconoscibile, ad ogni modo è sempre bene fornire immagini di confronto con l’originale per mettere in evidenza particolari che possano facilmente agevolare la distinzione.
Nel complesso l’immagine del castello è stata riprodotta in modo abbastanza fedele e, a parte il fuori registro dei colori dell’imitazione, nel complesso non si notano differenze grafiche del castello da mettere in evidenza. Un po’ per il fuori registro, un po’ per il retino a linee verticali, le scritte in alto che descrivono il castello non sono affatto nitide e la sovrapposizione di più linee colorate conferisce alla scritta una certa confusione visiva.
Nella figura 12 presento il confronto tra l’altezza dei due francobolli. Come si può notare, questa dimensione è identica a quella dell’originale.
Nella successiva figura 13 metto a confronto la larghezza, anche questa dimensione non mostra assolutamente alcuna differenza, nemmeno nelle singole scritte e nel valore.
In questa immagine sono maggiormente visibili le sottili linee di ciascun colore del retino che invadono un po’ tutto il disegno, tanto che la scritta ed il valore non sono monocolore come nel francobollo originale.
Nella successiva figura 14 mostro un ingrandimento adeguato per mettere in risalto l’aspetto generale della stampa. Come si può vedere, sono ben evidenti tutte le caratteristiche descritte.
Nella tabella elenco, in forma sintetica, i caratteri generali e le differenze tra l’originale e l’imitazione.
ANCHE IL 900 LIRE CASTELLI HA COLORI FLUORESCENTI
a cura del perito filatelico Nicola Luciano Cipriani
Premessa
Chi aveva detto che in filatelia non si finisce mai di scovare novità? Tutti lo diciamo, ma non ricordo chi lo disse per primo: aveva totalmente ragione. Tanti anni fa avevo scoperto il 1000 lire castelli con il colore nero fluorescente che però ho pubblicato solo di recente (Il Francobollo Incatenato, n. 209); allora controllavo tutta la corrispondenza di una grande azienda fiorentina e avevo la possibilità di visionare corrispondenza da quasi tutta l’Italia. Una volta scoperta la novità, andavo in posta a cercare quelle novità allo stato di nuovo. Era veramente un gioco divertente. Non che abbia scoperto chi sa cosa, ma la ricerca era veramente stuzzicante. In quel modo mi procurai il 1000 lire castelli; il nero di questo francobollo occupa porzioni non piccole e quindi fu abbastanza evidente scoprirlo. In quel periodo trovai anche un 900 lire su busta con il marrone del castello fluorescente, era un solo francobollo, e tra l’altro nemmeno tanto evidente osservandolo in luce viola perché le due risposte, in luce bianca e viola, non avevano una differenza molto evidente. Lo misi da parte e lo dimenticai.
L’analisi
Recentemente ho visionato un campione dell’amico Nino D’Aponte che mi chiedeva lumi su strane macchie che si vedevano sul retro di un francobollo da 900 lire Castelli (figura 1).
La cosa mi ha stupito abbastanza perché questo effetto lo produceva solo la cornice. Ho preso le cinque mazzette ed un po’ di sfusi che ho da tempo ed ho iniziato a controllarli sotto la luce viola. A parte le tante differenze di carta e di fluorescenza, sono venuti fuori alcuni francobolli con queste anomalie. L’effetto è esattamente identico nelle modalità a quello manifestato dal 1000 lire: si tratta di inchiostro fluorescente, ma c’era da capire quale. La cornice è composta da un fondino giallo e da linee sottili nere, dalla disposizione di queste ultime è chiaramente attribuibile a loro l’effetto fisico. Nella figura 2 ho riportato un francobollo con inchiostro fluorescente (a sinistra) ed uno con inchiostro normale, in luce bianca.
Non c’è nessuna differenza. Mentre nella successiva figura 3 gli stessi in luce viola.
Come si può notare, la cornice con il nero fluorescente (a sinistra) accentua il suo colore nero, rispetto all’altro. Si accentuano in pratica tutte le parti dove è presente il nero: la cornice e le scritte, in alto e in basso; in modo particolare risalta molto di più la scritta ITALIA. Tutte le scritte si circondano di un evidente e sottile alone bluastro.
Lo studio approfondito
Le osservazioni però sui miei campioni hanno evidenziato qualcosa di più rispetto alla segnalazione dell’amico Nino: in alcuni francobolli la fluorescnza non era solo della cornice, ma anche di parte del disegno del castello (figura 4). Ma il castello è di colore marrone e poi il prato e l’abete sono verdi. Ecco che qui mi è tornato in mente il castello che trovai tanti anni fa con il marrone fluorescente. Si noti nel francobollo a sinistra della figura 4 il disegno parziale delle arcate che sostengono la parte alta merlata e parte delle mura sottostanti, nonché l’abete.
Nella figura 5 ho messo a confronto i due francobolli con inchiostro fluorescente, uno della figura 1 (a sinistra) in cui la fluorescenza è visibile solo nella cornice ed uno della figura 4 (a destra) in cui la fluorescenza è presente anche in ampie parti del castello e del verde.
Come si può notare, le scritte e la cornice assumono un aspetto pressoché identico, con aloni bluastri intorno alle scritte e con il colore della cornice più scuro rispetto al normale. In più si può notare come, nel francobollo a destra, il colore verde, specialmente l’abete, assume le stesse caratteristiche della cornice: il colore si scurisce e si allarga un po’ per effetto dell’alone. Questo effetto si vede anche nelle mura sottostanti l’albero e nella parte bassa delle mura, dove si accostano ancora il verde con il marrone. Lo stesso fenomeno lo osserviamo ancora sul castello, ma i tratti sottili lo celano parzialmente, non però nel bastione a destra dell’abete dove è ancora visibile l’alone ed il colore scurito dal fenomeno della fluorescenza.
Ho voluto riprendere alcune mazzette di questo valore che conservo da anni e su 627 francobolli ne ho trovati 70 con la cornice fluorescente o parzialmente fluorescente. Di questi, pochi con il marrone fluorescente, mentre con il verde ho trovato solo la coppia di figura 4. Presento a seguire le immagini di altri francobolli in cui il castello marrone è visibile al completo (figura 6).
I francobolli di figura 6 da 1 a 3 mostrano una fluorescenza gialla in pasta, mentre, il 4 ce l’ha azzurrina. In tutti manca il pino alla destra del castello a indicare che il colore verde non è fluorescente. Inoltre da 1 a 3 si nota una aumento della fluorescenza intuibile dalla intensità dell’immagine. Nei francobolli 2 e 3 sono anche ben visibili le scritte in alto al di sopra della cornice.
Le conclusioni
Questo francobollo da 900 lire è il secondo, dopo il 1000 lire, ad essere stato stampato con il nero fluorescente, nel contempo però è il primo su cui è stato riconosciuta la fluorescenza di altri colori. Bisogna però notare che sia il marrone che il verde scuro di questi francobolli, hanno una alta percentuale di nero e quindi la loro fluorescenza può essere facilmente spiegabile in quanto in entrambi i colori c’è una discreta percentuale di nero.
Ho voluto verificare se il periodo d’uso di questo particolare 900 lire coincidesse con quello del 1000 lire. Dagli esemplari usati su cui la data era ben leggibile ho individuato l’uso dell’inchiostro fluorescente per il 1000 lire tra il 1992 ed il 1998; questo intervallo è molto simile a quello riscontrato per il 900 lire per il quale ho riconosciuto un uso tra il 1994 ed il 1999. In pratica durante quasi tutti gli anni 90 al Poligrafico sono stati utilizzati colori fluorescenti. Questo secondo studio sugli inchiostri fluorescenti mi ha risvegliato l’interesse verso questo argomento e mi ripropongo di verificare altri valori dei castelli di questo periodo per vedere se ci possano essere gli stessi o altri colori fluorescenti.
È noto che i castelli hanno avuto tirature elevatissime con un notevole numero di ristampe individuabili spesso dalla differenza di toni dei colori. Però, in rari casi è stato possibile riconoscere obiettivamente tirature distinte all’interno di ciascun valore. D’altronde per assurgere a tiratura è necessaria una evidente differenza di un componente basilare del francobollo. Alcune scoperte interessanti le ha fatte Giovambattista Spampinato con le dentellature, in particolare con l’individuazione del perforatore a pettine doppio. Le mie scoperte sulla fluorescenza dei colori utilizzati per la stampa dei Castelli sono un altro tassello che porta un nuovo elemento distintivo che fa assurgere a tiratura questi francobolli. Gli studi futuri potrebbero portare altri elementi oggi ancora sconosciuti, ma affinché queste ricerche non restino confinate nella ristretta cerchia dei pochi “topi da laboratorio”, bisognerebbe che i cataloghi inizino a riportare queste informazioni, non è necessario attribuirgli un valore, anche perché la casistica è limitata, ma certamente diffonderebbero un’informazione di cui potrebbero usufruirne in tanti i quali a loro volta potrebbero aumentare la casistica dei ritrovamenti e contribuire a definirne il valore.
I CASTELLI SI RISVEGLIANO DOPO OLTRE UN DECENNIO
di Nicola Luciano Cipriani, perito filatelico
La scoperta
In molte occasioni è stato ripetuto che in filatelia sono possibili in ogni momento ritrovamenti straordinari o particolari. Il ritrovamento che segnalo con questo articolo è proprio uno di quei casi strani; si tratta di un piccolo insieme di buste Servizio Riscossioni (mod. 490) e modelli 489, sia bianchi che gialli, affrancati con valori falsi da 800 lire Castelli, 2.000 e 4.000 lire alti valori, misti ad altri autentici. Mentre i falsi degli alti valori erano già noti, quasi sempre sugli stessi modelli, dell’800 lire Castelli non si era ancora avuta notizia, almeno pubblicata. Il piccolo insieme di buste e qualche frammento sono rimasti in qualche cassetto per oltre 10 anni, a giudicare dalle date di uso comprese tra gennaio e settembre 1999, con la maggior parte usata nel mese di marzo. Più ampio invece l’arco temporale d’uso dei già noti alti valori falsi che arrivano fino al 2001.
La descrizione ed il confronto con un francobollo originale
Un altro aspetto particolare è che i falsi da 800 lire sono di due differenti tipi (figura 1), facilmente distinguibili anche ad occhio nudo, ed usati anche sulla stessa busta, ma questi casi sono pochi. Passiamo a descriverne le caratteristiche mettendoli anche in confronto con l’originale. Nelle immagini che seguono l’originale è sempre in alto o a sinistra e nell’ordine a seguire il 1° e 2° tipo dei falsi.
Innanzitutto la carta: qualità discreta, bianca e liscia, anche se abbastanza porosa, direi un po’ più liscia di molti originali e leggermente meno bianca. Nel complesso abbastanza simile all’originale. Bisogna però dire che i castelli hanno avuto numerose ristampe e le caratteristiche della carta sono state abbastanza variabili. Questa occasione è stata anche stimolante per mettere meglio l’occhio su caratteristiche mai studiate. Per curiosità ho provato a confrontare la carta dei tre francobolli stelle II tipo dei castelli, ebbene, sono tutte e tre differenti, quella del 100 lire è la più liscia, mentre quella del 750 la più porosa, il 700 l’ha intermedia. La carta degli 800 falsi è praticamente identica a quella del 100 lire, anche se appare leggermente meno bianca. La stampa è in offset e di bassa qualità con colori spesso diluibili in acqua. Se si lavano per staccarli dal frammento, molti perdono velocemente i colori, pertanto, per non correre rischi, questa operazione va eseguita inumidendo solo il retro del frammento. Sono stati fatti alcuni tentativi di scollaggio e sono stati recuperati due esemplari con gomma parziale non timbrati (figura 1); altri usati derivano da buste con francobolli rotti.
La dentellatura (figura 2) è lineare con passo molto irregolare, ma molto prossimo a 14. il diametro dei fori è molto più piccolo degli originali e la circonferenza molto irregolare, dovuta probabilmente ad aghi usurati. Infine, la filigrana (figura 3); dai due esemplari scollati, siamo di fronte ad una filigrana stelle II tipo del tutto simile a quella dei Castelli (100, 700 e 750 lire). L’inclinazione è di 63° sinistra. La distanza tra due stelle contigue della stessa fila è di 11,5 mm; quella tra due file di stelle è di 9, come pure la larghezza di una stella è di 9 mm.
Per quanto riguarda invece i particolari della stampa vi presento una serie di immagini molto chiare che mettono in evidenza la bassa e rozza qualità della stampa in entrambi i tipi dell’imitazione. Nelle figure 4 e 5 sono messe a confronto le scritte superiori e inferiori.
Si nota come la stampa del 1° tipo falso sia caratterizzata da un retino grossolano che produce un effetto di stampa molto sporca ed irregolare. In questo falso, oltre al retino grossolano visto per il colore rosso delle figure precedenti, si nota anche un retino puntinato nero che conferisce al disegno un aspetto molto rozzo (figure 6 e 7).
La stessa considerazione vale per il colore verde del prato. Il falso del 2° tipo, invece, ha un retino più fine e la stampa ne guadagna in precisione. Per conferire un po’ di effetto rilievo tipo calcografia, in questo falso, alcuni particolari dei perimetri del disegno sono stati colorati in nero (figura 6 e 7).
Le affrancature non sono mai state fatte con blocchi, ma solo strisce orizzontali; in un solo caso è presente una coppia verticale. Questo, però, molto probabilmente è dovuto agli spazi disponibili sulla busta prestampata.
Ho notato, invece, un altro strano carattere che potrebbe essere legato alla stampa di questi falsi: su poche buste ho notato che le strisce usate per l’affrancatura sono tagliate con una lama, in modo perfettamente parallelo alla linea che unisce il centro dei fori orizzontalmente (figure 8,9 e 10). Questo carattere lo presentano entrambi i due tipi di falsi.
Nelle ultime tre immagini si nota molto bene la perfezione del taglio, sempre lungo il lato inferiore dei francobolli, che difficilmente potrebbe essere stato fatto per separare tra loro le strisce; verrebbe troppo facile chiedersi perché un lato si e gli altri no? E poi, perché perdere tanto tempo per prendere una posizione così precisa? Bisognerebbe pensare che l’addetto potesse aver avuto qualche disturbo psicologico? Insomma è realmente poco plausibile pensare che si possa eseguire un’azione di questo tipo senza una precisa motivazione. Inoltre, in tutti e tre i casi il taglio è leggermente spostato verso il basso rispetto al centro dei fori conferendo ai denti una certa lunghezza costante su tutta la striscia. Eppure i francobolli non possono far parte della stessa striscia in quanto sono stati stampati in due modi differenti. Insomma, questo taglio mi appare troppo preciso per essere stato fatto a mano. In ogni caso, al di là di queste osservazioni, non sono in grado di dare una spiegazione plausibile. Forse potremmo averla se fosse possibile vedere un foglio intero di questi falsi, ma ho paura che la cosa sia piuttosto improbabile. Un altro aspetto ben visibile nelle ultime tre immagine, ed in particolare nell’ultima, è che in tutti gli incroci della dentellatura si riconosce il carattere del perforatore lineare. Nella figura 10, poi, si vede benissimo l’angolino tipico, alto sinistro, con il dentello sottile e lungo.
IL CASTELLO FALSO DA 750 LIRE
Di Nicola Luciano Cipriani, perito filatelico
Introduzione all’argomento
Scrivere di questo argomento a distanza di così tanto tempo mi è stato stimolato da Gian Franco Mazzucco che mi ha inviato una busta viaggiata con il falso di Settimo Torinese, vale a dire del 750 lire. Prima però di passare alla descrizione di questo francobollo, mi fa piacere raccontare quanto sia stato scritto sui falsi Castelli in generale.
Giovanni Riggi, nel Seminario di Studio sui Castelli d’Italia tenutosi a Spotorno nel 1998 (30-31 maggio) a cura del CIFO – Collezionisti Italiani Francobolli Ordinari e dell’Unione Filatelica Ligure, ha classificato i Castelli falsi in tre gruppi: a) falsi per frodare la posta, b) falsi per frodare i collezionisti e c) imitazioni.
a) Nel primo gruppo l’autore ha considerato quei falsi che hanno avuto una stampa con mezzi tipografici ed anche una distribuzione, piccola o grande che sia, sul territorio i quali, grazie a rivenditori compiacenti, hanno sostituito gli originali nelle affrancature di ignari cittadini. A questo gruppo Riggi ascrive solo il 350 lire, noto come falso di Milano (1983) e, solo in parte il 1000 lire falsificato a Verzuolo dove, pare, che il falsario sia stato l’unico utilizzatore. Questo falso fu scoperto a Dogliani nel 1993.
b) Nel secondo gruppo invece ha inserito i falsi, anche questi stampati con idonee macchine da stampa, che sono stati venduti direttamente ai collezionisti con lo scopo di stimolare l’acquisto di curiosità/varietà che spesso attraggono gli amanti di queste cose. Però una buona parte dei collezionisti acquirenti li ha anche usati per posta per poter inserire nella propria collezione una busta viaggiata.
c) Al terzo gruppo Riggi inserisce in pratica i falsi ottenuti da fotocopie e che talora sono stati anche perforati in modo grossolano oppure separati con un semplice taglio forbice lungo la linea dei fori fittizi. Questi francobolli sono riconoscibili dalla riproduzione dei fori che, in qualche modo li fanno apparire perforati. Questi falsi sono stati per lo più stampati in casa ed utilizzati in proprio senza una benché minima distribuzione sul territorio. Questi ultimi Riggi li definisce imitazioni.
I castelli falsi, descritti negli atti del convegno di Spotorno da Riggi sono i seguenti:
Il concetto generale che i castelli siano stati falsificati più per i collezionisti che per il servizio postale lo si ritrova anche nella monografia “Castelli – un baluardo postale” edito da Poste Italiane nel 1990 e curato da Danilo Bogoni con la collaborazione di Franco Filanci, Andrea Malvestio e Carlo Sopracordevole. Evidentemente questa idea girava nell’ambiente.
All’elenco di Riggi manca il falso da 800 lire che, da un lotto rinvenuto un paio di anni or sono, risulta essere stato usato nel 1999; la mancata menzione nell’elenco fa desumere che questo francobollo possa realmente essere stato usato a partire proprio dal 1999. Bisogna anche dire che questo falso, fino ad oggi, è stato rinvenuto solo su buste Servizio Riscossioni (mod. 490) e modelli 489, sia bianchi che gialli, esso quindi sembrerebbe sia stato utilizzato all’interno del sistema postale con la conseguenza che la sua scoperta possa essere stata ritardata in quanto non diffuso sul territorio.
Del falso da 750 lire, secondo Riggi, ne sono state prodotte almeno tre distinte versioni con caratteristiche differenti e note per la località d’uso: Magenta, Settimo Torinese (figura 2) e Napoli. Tutti sono stati stampati in offset su carta non filigranata e non fluorescente; con dentellatura 12,5 per il primo e 11 per i secondi, sempre lineare. A queste falsificazioni devono essere aggiunte tutte le altre che sono state prodotte “in casa” con una fotocopiatrice a colori e non sono poche. Quelli noti di quest’ultimo gruppo sono stati tagliati con le forbici, tagli che possono passare inosservati per la presenza delle immagini dei mezzi fori lungo il taglio.
Allo scopo di fornire caratteri diagnostici per distinguere i tre falsi principali menzionati da Riggi, ho chiesto alcuni falsi in possesso di altri tre amici, Angiolo Dotta, Nanni Martina e Stefano Proserpio che qui ringrazio di cuore per le immagini ad alta risoluzione che mi hanno inviato. I francobolli analizzati, compreso quello di G. F. Mazzucco, sono in totale 9. Nelle figure da 3 a 11 sono riportati i francobolli analizzati e nella didascalia è riportato il nome di chi ha fornito l’immagine e la dentellatura trovata con un odontometro E.M. in trasparenza digitalizzato che ho utilizzato per sovrapposizione sulle immagini.
I francobolli studiati
L’attribuzione al tipo di falso non è stata sicura da parte dei possessori per alcuni pezzi analizzati che elenco secondo un ordine che direi ”a sentimento” nel senso che ho cercato di mettere vicini quelli più simili tra loro. Spero che l’analisi ci possa dare una attribuzione più sicura. Premetto anche che gli usati sono tutti su documento postale tranne il n. 10 che è su frammento.
L’elenco che segue è secondo l’ordine delle figure 3-11.
• Figura 3 falso di Settimo T.se usato a Torino
• Figura 4 falso di Settimo T.se usato a Settimo
• Figura 5 falso di Settimo T.se nuovo
• Figura 6 falso di Magenta nuovo
• Figura 7 falso di Magenta usato a Magenta
• Figura 8 falso di Napoli con annullo rosso Ministero dell’Interno
• Figura 9 senza attribuzione usato a Torino
• Figura 10 falso di Magenta con timbro illeggibile
• Figura 11 falso forse di Napoli usato a Terracina
Questo ordine è anche ripreso nelle figure 12, 13 e 14 in cui riporto alcuni particolari di ciascun francobollo.
Nella figura 12 ho messo a confronto la larghezza di ciascun francobollo con quella dell’originale (ultimo in basso) ponendo tutti i particolari allineati a sinistra secondo la linea rossa. Le altre due linee rosse delimitano la cifra “750”. Come si può vedere le differenze sono veramente molto piccole, ma alcune, comunque, evidenti. In particolare il n. 11 ha dimensioni molto simili a quelle dell’originale; le altre, invece, mostrano una leggera variazione che è abbastanza evidente nei nn. 5 e 10.
Nella successiva figura 13 è riportata invece l’altezza dei francobolli. In questo caso la linea rossa in alto è il riferimento di appoggio di tutti i particolare e le differenze sono visibili in basso. Come si può notare, i nn. 3 e 11 sono molto simili all’originale, mentre gli altri sono tutti più o meno corti, tranne il n. 3. Da notare che tra questi ultimi, i nn. 9 e 10 sono simili tra loro e si distinguono bene per essere i più corti in assoluto.
Lo stesso carattere si evidenzia anche nell’altezza del torrione centrale (figura 14); in questa figura, la linea rossa alla base è la linea di appoggio comune per tutti i particolari.
Un altro dato interessante è la dentellatura che riassumo nella tabella di figura 15. Come si può notare, i numeri da 3 a 9 hanno tutti misure molto simili, si discostano il n. 10 in modo non eccesivo e l’11 in modo più evidente.
Risultati e considerazioni conclusive
Secondo l’attribuzione data dai proprietari, nessuno di questi francobolli ha dentellatura intorno al 12½ come dichiarato da Riggi per l’attribuzione al falso di Magenta, anche se tra questi analizzati ve ne è uno usato in questa località. Benché nelle immagini non ci siano evidenze eclatanti per poter suddividere i francobolli analizzati in gruppi distinti, cionondimeno possiamo dire che essi possono costituire tre gruppi, al primo ho attribuito i nn. 3-8, al secondo i nn. 9 e 10 ed al terzo il n. 11. Questa suddivisione emerge dal fatto che i nn. 9 e 10 hanno il disegno tendenzialmente più piccolo rispetto agli altri, questo è l’unico carattere abbastanza visibile in quanto non ho notato alcuna differenza nelle linee costituenti il disegno. Che il n. 11 faccia gruppo a se è evidente essenzialmente per la tipologia della stampa. Questo francobollo è infatti l’unico ad avere un sottile rigo nero che delimita molte parti del disegno ed inoltre la stampa ha un colore giallino predominante che negli altri è completamente assente.
Per l’attribuzione dei francobolli analizzati ai rispettivi falsi di riferimento ci si può basare sugli usati nelle località specifiche; certamente i due francobolli usati rispettivamente a Settimo T.se (figura 4) ed a Magenta (figura 7) dovrebbero essere la base di partenza, ovvero un punto fermo per l’analisi. Se il primo potrebbe essere accettato per la concordanza delle informazioni date da Riggi, non lo è il secondo per il quale la dentellatura non tornerebbe. Inoltre sempre Riggi ha scritto che il falso di Magenta dovrebbe essere leggermente più alto di quello di Settimo, questa differenza, tra il n. 4 ed il n. 7, non è visibile. Anche i due francobolli nuovi attribuiti a Settimo (figura 5) e a Magenta (figura 6) appaiono decisamente identici. Ho provato anche ad utilizzare i colori, ma questi, per qualunque gruppo si voglia identificare, sono troppo variabili nel tono per poter trovare un valido appoggio. Di certo i risultati mettono in evidenza un gruppo costituito dai nn. 9 e 10, ma solo per l’altezza; come interpretare questo dato? Nemmeno i valori delle dentellature ci aiutano, sono troppo variabili in un ambito molto ristretto, variazioni che possono anche dipendere dal fatto che siano stati inumiditi per essere incollati sulla busta, insomma questa volta la chiarezza fa rima con rompicapo. Posso solo azzardare una proposta di classificazione che però deve necessariamente avere conferme da dati più certi. Sulla base di quanto esposto, potrei in via molto dubbiosa attribuire i francobolli nn 3-8 al falso di Settimo ed i nn. 9 e 10 al falso di Magenta. L’unico francobollo per il quale mi azzardo a proporre una attribuzione un po’ più sicura è il n. 11 che, con molta probabilità è il falso di Napoli.
Rivolgo un caloroso invito a tutti gli altri amici che hanno in collezione questi falsi ad inviarmi scansione a 600 dpi per cercare di fare un po’ più di chiarezza intorno a questo falso.
UNO STRANO 1000 LIRE CASTELLI
di Nicola Luciano Cipriani, perito filatelico
Questa volta non inizio una serie di articoli sui castelli, mi fa solo piacere comunicare una caratteristica che credo non sia mai stata segnalata. Come ho già accennato in un mio articolo precedente, gli anni novanta sono stati per me un periodo di continua ricerca silenziosa ed ho accumulato nel tempo informazioni che al momento della scoperta non mi sono sembrate particolarmente eclatanti, anche perché erano alla portata di tutti. Dopo tanti anni però nessuno ha mai segnalato le novità che avevo annotato, il tempo è passato ed ha portato con sé un po’ di sana evoluzione che nel mio caso si è trasformata in studio comunicato.
Come perito e come consigliere sia del CIFO che dell’AIFS ritengo che la comunicazione sia ormai la regola del gioco. Lo studio solitario ed in solitudine non produce assolutamente nulla, al contrario far conoscere notizie interessanti e comunque oggetto di dialogo, suscita sempre una certa euforia e rinsalda i rapporti che ognuno di noi ha con i francobolli. Un’altra cosa importante da notare è che argomenti di questo tipo riportano il dialogo su alcune definizioni che spesso utilizziamo in modo non adeguato. Veniamo però al dunque presentando la notizia e riprenderemo nelle conclusioni un po’ di argomentazioni di carattere generale.
Come tutti sapete, la serie denominata “Castelli d’Italia” ha subito numerosissime ristampe come tutte le ordinarie richiedono. In molti casi le ristampe sono caratterizzate da leggere differenze di alcuni caratteri che non sono sufficienti per classificarle tirature distinte; le differenze sono spesso molto contenute e vengono seguite solo da pochi studiosi ed amanti delle piccole varietà. Un po’ diverso è invece un evidente cambio, accidentale o voluto, di un elemento importante che compone il francobollo. Ad esempio vi ricordo una interessante scoperta fatta da Giambattista Spampinato: la perforazione con pettine doppio modificato usato per alcuni valori dei Castelli e per alcuni francobolli dei servizi. Certamente queste variazioni interessano i collezionisti più specializzati ed i cataloghi specifici dovrebbero inserirli nel loro elenco, meno facile è l’accettazione di questa tipologia di variante da parte dei commercianti per i quali la caratteristica deve essere ben visibile per poter ricevere un posto in vetrina. Questo vuol dire che sono i commercianti a condizionare il mercato e non gli acquirenti che sono i soggetti che mantengono in vita il commercio. Frase scontata, ma meritevole di riflessione.
La particolarità che vi presento in questo articolo subirà sicuramente la stessa sorte del pettine doppio: pur interessante, non è ben visibile ad occhio nudo. Si tratta di una ristampa del 1000 lire della serie Castelli d’Italia per la quale è stato utilizzato un inchiostro nero fluorescente. Avete letto bene: inchiostro nero fluorescente! Il Poligrafico dello Stato ci ha abituati ad alcuni inchiostri fluorescenti, ma si è trattato essenzialmente del rosso (10 lire Siracusana) e di colori in cui questo è una componente (80 lire Siracusana ed alcuni commemorativi di cui vi potrò trattare in un prossimo articolo). Vi premetto subito che questo francobollo non è raro, probabilmente potrebbe essere poco comune allo stato di nuovo, ma tra gli usati ne troverete certamente tanti. Io ne comperai un foglio intero che conservo ancora perché la scoperta fu contestuale alla vendita; controllando la posta in arrivo portata da amici e parenti ne trovai uno su busta ed andai all’ufficio postale. Nella figura 1 vi presento una quartina fotografata in modo che la luce viola non colpisca la coppia più esterna; in realtà è un gruppo di sei, ma la coppia più interna resta coperta dalla lampada.
Come potete notare dall’immagine, il nero sotto la luce viola assume un colore blu intenso, quasi violaceo, che tende ad “allargarsi” ed a far sbavare l’immagine. Ma, direte, non sarà facile da riconoscere, magari sotto la luce viola il nero normale non sarà molto differente! Invece vi sbagliate, nella figura 2 vi mostro la varietà (a sinistra) a confronto col normale (a destra) sotto la luce viola e la differenza si vede eccome!
Ad ogni modo c’è anche la riprova: è sufficiente osservare, sempre sotto la luce viola, il verso del francobollo. In luce bianca la carta appare omogeneamente bianca, sotto quella viola appare d’incanto l’immagine speculare del castello. Questo è il modo più sicuro. Il modo più semplice è quindi osservare il francobollo in luce viola dal retro come potete vedere nella figura 3.
Una cosa importante ancora da aggiungere è che questo inchiostro fluorescente dovrebbe essere stata una variante fortuita di una delle tante forniture che riceveva il poligrafico; il suo uso è stato sia puro che miscelato ad altre partite di nero non fluorescente e, con ogni probabilità, la fluorescenza di questo inchiostro non era nota agli addetti alla preparazione dei colori. Questa considerazione si deduce dal fatto che esistono francobolli a diversa intensità di fluorescenza del colore nero, in alcuni è addirittura molto debole.
Ci sarebbe un’altra ipotesi che non va ignorata ma che credo poco plausibile: che l’inchiostro fluorescente possa far parte di un progetto programmato per la timbratura automatica delle lettere. Si tratta di una considerazione esposta in passato quando fu scoperto il 10 lire Siracusana, ma anche se valida negli anni ’50 e ‘60, non lo può essere negli anni ’90 quando ormai le decisioni per la timbratura automatica si erano già consolidate sull’uso della carta fluorescente e la serie dei Castelli d’Italia ha avuto la funzione di cavia per questi tipi di carta. Anche la serie degli Alti Valori ne ha seguito un po’ le vicissitudini, ma questi erano utilizzati maggiormente per le registrate che subivano una timbratura manuale tanto è che il valore da 10.000 lire è stato prodotto inizialmente su carta fluorescente in patina, ma successivamente fu prodotto quasi esclusivamente su carta non fluorescente non essendo mai utilizzato sulle missive non registrate sottoposte alla timbratura automatica. Il 20.000 lire fa storia a sé in quanto è stato prodotto esclusivamente su carta non patinata e con fluorescenza in pasta, carta praticamente abbandonata sin dalla metà degli anni ’80. Ritengo che per questo francobollo la scelta sia stata motivata da questioni di sicurezza antifalsificazioni.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Ma torniamo al nostro 1000 lire con inchiostro nero fluorescente. Come classificare questo francobollo? È sicuramente connesso ad una ristampa di cui sarà impossibile conoscerne il numero di esemplari stampati. Ma come ristampa è troppo particolare e non può passare inosservata come le piccole variazioni cromatiche di cui i francobolli di questa serie sono ricchi. Per dare un giusto inquadramento a questo francobollo ritengo opportuno richiamare il concetto di tiratura espresso in precedenti occasioni sia da me che da Marcello Manelli.
Nel campo della filatelia possiamo classificare un francobollo in una differente tiratura solo quando si osservano evidenti variazioni del tipo di carta, di inchiostro, di dentellatura, di colla, di fluorescenza e di disegno. In questo caso l’inchiostro fluorescente è decisamente una variante molto evidente che ci porta a considerare i francobolli con questa caratteristica una tiratura distinta. Per dare forza a questa affermazione vi porto l’esempio della recente emissione per il centenario dell’unità d’Italia (le due bandierine simbolo della ricorrenza). Una prima tiratura è stata stampata alla fine del 2010 (4,2 milioni) e alla fine di marzo scorso ne sono stati stampati altri 16 milioni. Le due tirature si distinguono unicamente per il codice alfanumerico sulla cimosa destra dei fogli: HA+numeri per la produzione 2010 e IA+numeri per quella del 2011, sistema di progressione annuale in uso presso il Poligrafico dello Stato. Al di fuori di questa differenza i francobolli delle due tirature non sono affatto distinguibili. In questo caso non è stata adottata nessuna variazione macroscopica del tipo di carta, inchiostro, dentellatura (fustellatura), colla, fluorescenza o del disegno, fatta eccezione per un piccolo difetto di fustellatura in corrispondenza di un “dente” del 14° francobollo (comunicazione di G. Spampinato) nella produzione del 2011 e di cui vi sarà data notizia prossimamente.